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Venuti qui per cercare lavoro. Gli emigrati italiani nella Svizzera del secondo dopoguerra

Paolo Barcella
Bellinzona, Fondazione Pellegrini-Canevascini, 344 pp., s.i.p.

Anno di pubblicazione: 2012

Nella oramai abbastanza ampia storiografia sull’esodo italiano del secondo dopo¬guerra mancava di fatto un testo complessivo sull’emigrazione verso quella che è stata di gran lunga la prima destinazione di quegli anni. Altro pregio importante del libro è l’indagine della percezione del vissuto da parte degli emigrati e del loro rapporto con la popolazione elvetica. L’a. utilizza prevalentemente fonti soggettive: un centinaio di in¬terviste a emigrati e religiosi che li assistevano, i temi scolastici degli allievi italiani della scuola «Dante Alighieri» della Missione cattolica di Winterthur e tre epistolari. Si tratta di fonti ampie e preziose, ma che sollevano un importante problema di rappresentatività: gli intervistati sono quasi esclusivamente emigrati definitivi che tuttora vivono in Svizzera. In realtà la grande maggioranza degli italiani in Svizzera — circa l’84 per cento dal 1946 al 1976 — è rimpatriata dopo poche stagioni e, anzi, la Confederazione è stata la destinazio¬ne dove il tasso di rimpatrio è stato più elevato che in qualsiasi altra meta di quegli anni. Se da un lato va riconosciuto che tale limite metodologico non conduce l’a. a interpreta¬zioni fuorvianti, dall’altro esso non giustifica l’affermazione secondo cui il «ritorno era ed è, appunto, un mito» (p. 78).
Il libro affronta le cause dell’esodo, che evolvono da scelta quasi obbligata a opportu¬nità di miglioramento economico, di avventura e conoscenza. Suggestiva è l’indagine sul¬la percezione del territorio dove la sensibilità degli immigrati verso la natura della Confe¬derazione testimonia quanto precoce sia stata l’influenza dell’allora nascente movimento ecologista internazionale a livello popolare. L’atteggiamento verso la città risulta, invece, ambivalente: da un lato, la modernità urbana, secolarizzata e individualista, spaventa; dall’altro, appare, soprattutto alle donne, l’opportunità per emanciparsi dal controllo comunitario della sessualità. Quando si pensi alla ben maggiore dimensione delle città industriali italiane del tempo e al fatto che in Svizzera mancava ancora il diritto di voto delle donne, ci si rende conto di quanto la differenza di percezioni riflettesse il diverso grado di modernità dei territori sia italiani che elvetici. Barcella indaga quindi molteplici mestieri (trascurando, a causa del suo campione, quelli edili e della campagna, tipici degli stagionali), il problema abitativo (rilevando come ostacolasse la già di per sé restrittiva concessione del ricongiungimento familiare), e le scelte matrimoniali (dove l’esogamia era scarsissima, ma l’endogamia evolveva dalla sfera paesana a quella regionale). La parte più avvincente del volume illustra la percezione della xenofobia e delle relative iniziative refe¬rendarie di Schwarzenbach. Anche qui emerge la diversità di esperienze degli immigrati italiani, tra indifferenza, rimozione, sofferenza e ribellione. In definitiva, le conclusioni risultano ampie, convincenti e non di rado innovative, sarebbe stata però opportuna una maggiore dialettica tra le fonti utilizzate dall’a. e quelle già disponibili.

Sandro Rinauro