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Tutti i colori di Obama. L’altra storia delle elezioni americane

Matteo Ceschi
Milano, FrancoAngeli, 166 pp., € 22,00

Anno di pubblicazione: 2012

La monografia di Ceschi propone una galleria di personalità afro-americane che dal 1968 hanno concorso alla presidenza degli Stati Uniti. In particolare, sono esaminate le candidature del comico Dick Gregory per il Peace and Freedom Party nel 1968, della rappresentante di New York alla Camera federale Shirley Chisholm nelle primarie democratiche del 1972 e del pastore battista Jesse Jackson per la nomination del Partito democratico nel 1984 e nel 1988. Tutti e quattro i tentativi furono infruttuosi, ma costituirono nondimeno delle occasioni di rottura rispetto alla precedente marginalità degli afro-americani nelle elezioni presidenziali e rappresentarono quindi un avvicinamento all’instaurazione di quella politica post-razziale che ha condotto Barack Obama alla Casa Bianca nel 2008.
Per politica post-razziale viene generalmente inteso il superamento della centralità delle rivendicazioni precipue della comunità nera nella stesura dei programmi elettorali dei candidati di colore, come è accaduto proprio nel caso di Obama sia nel 2008 sia nel 2012. Il lettore, pertanto, si chiede come possa essere considerato un candidato postrazziale Gregory, che promise di «dipingere la Casa Bianca di nero» (p. 23) qualora fosse stato eletto alla presidenza. Purtroppo il libro non si preoccupa di approfondire i contenuti della principale categoria interpretativa che adotta, adombrando che post-razziale possa significare più semplicemente l’irrompere degli afro-americani sulla scena politica nazionale. Tale prospettiva, però, rende incompleto e parziale il quadro dei candidati neri passati in rassegna perché omette le campagne di Charlene Mitchell – la fondatrice del Che-Lumumba Club – per il Partito comunista nel 1968, del governatore della Virginia Douglass Wilder nelle primarie democratiche del 1992 e di Cynthia McKinney per il Green Party nel 2008.
Inoltre la narrazione procede in modo cronachistico senza un confronto significativo con la storiografia e la politologia sull’esperienza politica degli afro-americani. L’emergere delle candidature di esponenti della comunità nera e il progressivo superamento della linea del colore, per esempio, avrebbero dovuto essere messi in relazione alla diminuzione della rilevanza della questione razziale come determinante del voto nelle elezioni presidenziali a partire dalla fine degli anni ’60 del ’900 (cfr. David G. Lawrence, The Collapse of the Democratic Presidential Majority, Boulder, Westview Press, 1996, in particolare pp. 68-70).
Docente di storia del giornalismo, l’a. cade in una specie di deformazione professionale che lo porta a utilizzare come fonti documentarie quasi esclusivamente la stampa quotidiana e periodica, oltre a qualche autobiografia dei candidati. Tuttavia appare per lo meno velleitario che si possa ambire a studiare Shirley Chisholm senza prendere in considerazione gli Shirley Chisholm Papers, depositati da tempo presso la Rutgers University. Il risultato della ricerca è così un lavoro divulgativo, più descrittivo che analitico, che riesce comunque a introdurre a un pubblico italiano di non specialisti alcuni dei predecessori di Obama nella politica americana.

Stefano Luconi