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L’Africa in casa. Propaganda e cultura coloniale nell’Italia fascista

Valeria Deplano
Milano, Le Monnier, 202 pp., € 15,00

Anno di pubblicazione: 2015

Nella storia dell’espansionismo italiano – la questione coloniale vista cioè attraverso lo sguardo e nella dimensione dell’Italia colonizzatrice – la costruzione del «consenso coloniale» ha ricevuto un’attenzione soddisfacente per il periodo nazional-liberale (la co- siddetta «età d’oro» caratterizzata in particolare dagli anni dell’imperialismo crispino) e poi, sia pure in misura ridotta, per il periodo giolittiano, ma è stata poco frequentata negli anni del regime fascista. Una delle ragioni di fondo di questa scarsa attenzione crediamo si possa addebitare alla «istituzionalizzazione» del discorso coloniale di cui il fascismo si appropria in modo totale, facendone un movente della sua stessa esistenza. Gli istituti della propaganda coloniale furono inglobati dal regime e persero quella carica innovativa, e per certi aspetti eversiva, che avevano avuto nei decenni precedenti.
L’a. non si è lasciata condizionare da questo dato e ha sviluppato una ricerca che ha prodotto risultati apprezzabili, che contribuiscono a coprire un vuoto. Lo ha fatto supplendo alla scarsa disponibilità delle fonti archivistiche e ricorrendo in modo efficace alle pubblicazioni a stampa e alla letteratura storiografica. Il volume intende proporre la storia degli istituti geografici e coloniali come parte integrante della storia d’Italia e della formazione degli italiani come comunità nazionale. Un intento condivisibile che trova riscontro: in modo convincente nella dimensione delle politiche pubbliche e della prassi amministrativa del regime; con qualche limite nell’analisi e nella riflessione sul discorso pubblico nazionale (valori, credenze, linguaggi, rappresentazioni, mitografie); in modo meno approfondito nella fugace trattazione delle teorie e dei saperi della cultura e della politica imperialiste.
Pur senza compromettere la qualità e l’utilità dei risultati, il volume sembra sacrifi- care alla sua economia (186 pagine comprensive di interessanti inserti fotografici e icono- grafici) un esame più esteso di alcuni aspetti fondanti la propaganda coloniale fascista: la dimensione geopolitica, intesa sia come relazione tra politica e spazio sia come costrutto teorico della cultura espansionista; la concezione del razzismo e in particolare lo «slitta- mento biologico» avvenuto in corrispondenza con la guerra d’Etiopia. Più in generale il volume dedica poco spazio alle relazioni tra la cultura coloniale e il progetto totalitario, così come al rapporto funzionale tra politica estera e politica coloniale. Anche nell’analisi dei linguaggi e delle rappresentazioni del discorso coloniale risultano meno approfonditi i riferimenti teorici ai processi di costruzione dell’identità nazionale sub specie nazionalista e imperialista e si evidenzia un approccio poco sensibile alle categorie «culturaliste», che pure offrono importanti chiavi interpretative. A tratti prevale la storia interna degli istituti geografici e coloniali, tendenza indotta anche dalla selezione delle fonti. I limiti rilevati vogliono rappresentare più uno stimolo a sviluppare future ricerche che non a criticare un volume che offre un contributo di valore.

Giancarlo Monina