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La «controrivoluzione» in provincia. Movimento bianco e Guerra civile nella Russia del nord, 1917-1920

Liudmila G. Novikova
Roma, Viella, 423 pp., € 29,00 (ed. or. Moskva, 2011, traduzione di Giovanna P. Viale)

Anno di pubblicazione: 2015

Negli ultimi 25 anni la storiografia su prima guerra mondiale, rivoluzioni e guerra civile in Russia, ha conosciuto una profonda trasformazione, di metodologie e di con- tenuti. Nei recenti lavori, gli anni dal 1914 al 1921 sono spesso considerati come un periodo unitario, nel quale desacralizzazione del potere zarista, crisi sociale e diffusione della violenza generarono una frammentazione delle forze che si scontrarono durante rivoluzioni e guerra civile. A una narrazione articolata attorno alla contrapposizione fra Bianchi e Rossi, si è sostituito un quadro più complesso, nel quale a movimenti contadini, nazionalisti, forze sociali e religiose è assegnato un ruolo sempre più ampio, e nel quale gli eventi nelle periferie dell’Impero non rispecchiano meccanicamente quanto accade al centro.
Il lavoro di Novikova si inserisce in modo autorevole e originale in questo filone di riflessione per l’enorme quantità di materiale di archivio consultato, e per il ritratto vivo dell’ambiente naturale, sociale e umano della regione di Archangel’sk dall’inizio del XX secolo alla fine della guerra civile. Esteso ma poco popolato, povero, privo di minoran- ze e tradizioni locali significative, poco politicizzato, il Nord della Russia fu spettatore passivo delle rivoluzioni del 1917. Iniziata la guerra civile, gli eventi presero un corso non dissimile da altre zone periferiche del paese. La maggioranza socialrivoluzionaria dei soviet espresse dirigenti mediocri e disorientati. Operai e contadini si schierarono contro i bolscevichi, senza concedere un sostegno convinto ai soviet.
I militari fecero il loro bravo colpo di Stato, nell’agosto 1918, ma non riuscirono mai ad assumere il pieno controllo della situazione, nonostante repressioni e terrore. Le truppe dell’Intesa presenti nel territorio intervennero a più riprese a sostegno del governo milita- re, ma non riuscirono a impedirne la rovina e la sconfitta militare. Il coordinamento con le altre zone bianche fu sempre problematico. In ultimo, all’inizio del 1920, fu «il successo militare dei bolscevichi a determinare in buona misura l’orientamento della popolazione», che, dopo anni di morte, epidemie e privazioni decise di passare «dalla parte del vincitore e garantirsi l’incolumità» (p. 325). Nelle Conclusioni, Novikova estende l’esperienza del Nord al resto della Russia, sostenendo che «il movimento bianco fu poliedrico e multifor- me e non si limitò al tentativo di ricostituire il regime zarista», e anzi tentò di formare uno
«Stato nazionale, non un impero dinastico» (p. 379), e che furono «i fattori geografici e militari, e non i fattori politici» a decidere il «destino del movimento bianco» (p. 382). La prima affermazione convince; la seconda sembra suggerita da considerazioni di attualità politica, visto che dalle centinaia di dense pagine del testo non emerge traccia di un dibat- tito nelle file dei «controrivoluzionari» sul futuro della Russia a guerra civile finita.

Fabio Bettanin