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Il Governo Bonomi (1921-1922)

Luigi Cavazzoli (a cura di)
Manduria-Bari-Roma, Piero Lacaita Editore, 323 pp., € 20,00

Anno di pubblicazione: 2014

L’avvento del fascismo non fu lo sbocco ineluttabile della crisi del primo dopoguerra, ma frutto di errori di valutazione dei principali protagonisti del periodo e di una debole azione dei governi (1919-1922), quest’ultima anche conseguenza dell’«alleanza difficile» tra liberali e popolari, l’unica possibile dato il rivoluzionarismo dei socialisti e il tardivo ripensamento dei riformisti. Il governo Bonomi non sfuggì, nonostante gli sforzi profusi, alle principali manchevolezze degli altri esecutivi che si susseguirono nel primo dopoguerra.
Il contributo di Cavazzoli ricostruisce l’attività politica di Bonomi, partendo dall’età giolittiana. Il saggio utilizza fonti documentarie edite e inedite (i verbali del Consiglio dei ministri; il Fondo Bonomi, per la maggior parte conservato presso l’Archivio centrale dello Stato, più una parte custodita presso l’Istituto mantovano di storia contemporanea; e l’archivio del Ministero dell’Interno); fonti a stampa (atti parlamentari e giornali); più la testimonianza di Bonomi stesso trasmessaci nel volume La politica italiana dopo Vittorio Veneto (Torino, Einaudi, 1953). Si presenta ricco anche l’apparato bibliografico.
Il saggio di Gualtieri è una ricostruzione del panorama delle forze politiche: si analizzano i vari gruppi di matrice liberale e democratica legati più a singoli leader che a un’organica prospettiva politica; e anche i partiti di massa, Psi e Ppi, di cui si rilevano le grandi difficoltà a interagire con i liberal-democratici, nonché le visioni politiche molto divergenti esistenti al loro interno. È dedicato, naturalmente, un certo spazio anche al movimento fascista, agguerrito e molto diffuso nel paese, e al Pcd’I nato nel gennaio del 1921. Il saggio è basato, per lo più, su fonti edite. Chiude il volume una corposa appendice documentaria, comprendente i verbali del Consiglio dei ministri del governo Bonomi e testi di leggi promosse dal governo contro la disoccupazione e per la realizzazione di opere pubbliche nel 1921-1922.
Il governo Bonomi dovette affrontare il cosiddetto «biennio nero» più violento e sistematico di quello «rosso»; la sua azione risultò, nel complesso, inefficace sia per i contrasti interni allo schieramento liberal-democratico (ben evidenziati nel volume), sia per la difficile intesa tra esso e i popolari (causata dalle ataviche pregiudiziali reciproche e dalle divisioni interne al Ppi). Il volume si presenta, senz’altro, come un valido ausilio per comprendere una fase decisiva della crisi dello Stato liberale.

Antonio Scornajenghi