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Alla Frontiera. Confini e documenti di identità nel Mezzogiorno continentale preunitario

Laura Di Fiore
Soveria Mannelli, Rubbettino, 216 pp., € 14,00

Anno di pubblicazione: 2013

Si può identificare un tratto comune, europeo, nel processo che nei decenni preunitari
condusse lo Stato borbonico a superare il suo assetto plurale e ad acquisire una
configurazione istituzionale centralizzata e dai marcati tratti amministrativi? Di più, e
soprattutto: è possibile considerare quello spazio regnicolo non più come elemento estrinseco
alle dinamiche sociali, bensì intrinseco al rapporto tra lo Stato e la società? Secondo
l’a. di questo denso volume la risposta agli interrogativi è affermativa; anzi, è proprio
seguendo i due percorsi «per certi versi speculari» (p. 8) di delimitazione e «gestione amministrativa
del territorio», da un lato, e di «sviluppo di nuove pratiche di identificazione
degli individui e di controllo del movimento» (p. 7), dall’altro, che si può meglio cogliere
la dimensione «europea» e la complessità del processo di State-building all’interno del
Mezzogiorno continentale. Due, almeno, i punti di forza di questo lavoro; il primo: la periodizzazione,
che prende in considerazione anche gli anni di fine ’700 e napoleonici, durante
i quali numerose furono le modifiche e gli interventi agli apparati chiamati in causa
nelle pratiche di confinazione e di identificazione degli individui in transito «da» e «per» il
Mezzogiorno e che, grazie a questa scelta felice, sono qui comparate con quelle degli anni
della piena Restaurazione. Il secondo: l’approccio metodologico. Un approccio «storicoantropologico
» che consente di inquadrare la vicenda istituzionale-amministrativa dello
Stato borbonico secondo gli strumenti critici – davvero stimolanti e suggestivi – offerti
dalla più avvertita letteratura culturalista e in particolare dai borders studies; interessante
esempio di queste contaminazioni, il racconto relativo alle operazioni di confinazione con
lo Stato della Chiesa e alla conseguente percezione, nelle popolazioni frontaliere, di una
sorta di cittadinanza «trans-nazionale». Un approccio – quello usato dall’a. – che si arricchisce
anche delle suggestioni global dello spatial turn – opportunamente e in maniera
tutt’altro che banale – qui applicate alla dimensione ristretta dello Stato regionale.
Quest’angolo visuale consente dunque di rileggere l’intera vicenda preunitaria (in
prospettiva, non solo napoletana) alla luce dei nessi esistenti tra territorio-potere-dirittoappartenenza;
nessi che sono alla base del contraddittorio passaggio dallo Stato giurisdizionale
d’antico regime e contenitore di una pluralità di corpi, allo Stato ottocentesco
– almeno vocazionalmente – «nazionale» e capace di irradiare il proprio potere in maniera
uniforme su tutto il territorio intraconfinario.
Un volume che arricchisce in misura notevole il panorama degli studi sugli Stati
italiani dell’800 e offre al lettore l’occasione per un suggestivo viaggio a ritroso lungo i
percorsi che, anche per gli effetti delle procedure di confinazione del territorio e di identificazione
dei sudditi «statali», condussero all’emersione di un «nuovo» sentimento di
appartenenza, sovra-regionale e nazionale, all’interno del Mezzogiorno continentale.

Antonio Chiavistelli