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Prefetti della Destra storica. Le politiche dell’ordine pubblico in provincia di Palermo (1862-1874)

Elena Gaetana Faraci
Acireale-Roma, Bonanno, 293 pp., € 25,00

Anno di pubblicazione: 2013

Le modalità dell’unificazione del Mezzogiorno e i rapporti tra il nuovo Stato unitario
e le realtà locali meritano ancora ricerche condotte, come quella di Faraci, sulle
fonti. Le molteplici realtà delle condizioni e dei rapporti sociali, infatti, diedero luogo al
tentativo di adattamento delle politiche centrali per compiere materialmente l’Unità. Il
caso siciliano, da questo punto di vista, è rivelatore di un atteggiamento da cui emerge
frequentemente la tentazione di sciogliere il nodo gordiano di una società poco incline ad
accogliere le nuove regole nazionali attraverso soluzioni di forza. L’a. mette bene in evidenza,
sulla scorta di uno scavo documentario condotto con cura, quanto quelle forzature
non riducessero l’isola a un convinto consenso verso la classe dirigente italiana. Nel corso
degli anni presi in considerazione, attraversati dalla rivolta del 1866 e dall’azione di una
criminalità sempre più organizzata, la legislazione ordinaria venne infatti frequentemente
alternata alle misure eccezionali relative all’ordine pubblico, l’attività dei funzionari civili
spesso compressa dalle funzioni assegnate alle autorità militari.
Ma l’autrice segue anche le linee «interne» del rapporto tra istituzioni civili, dettate
da una facile deroga alle leggi sull’ordine pubblico e dalla generosa comminazione di ammonizioni
e di domicili coatti. Lungo questa linea si affermò una prima giustificazione,
piuttosto precaria nei suoi cardini, di una sorta di complotto antistatuale che avrebbe
visto alleati la criminalità comune e organizzata e l’opposizione politica più radicale. Si
trattava, evidentemente, di una forzatura, peraltro mai provata, che dava modo di avallare
una condotta duramente repressiva e di andare oltre i limiti legali per ciò che riguardava le
pene comminate, spesso mantenute anche dopo processi che avevano determinato estraneità
ai fatti e prosciolto imputati. Alcuni funzionari giunsero a forme di mediazione e
di accordo con la criminalità, pur mantenendo un atteggiamento inflessibile negli aspetti
repressivi, convinti di poter giocare su due tavoli per vincere la loro partita sul fronte della
nazionalizzazione. Se per alcuni anni la magistratura si piegò ai voleri del potere centrale
e finse di non vedere le distorsioni nelle politiche repressive, il conflitto tra prefetti e questori
da un lato e procura di Palermo dall’altro si aprì quando giunsero magistrati, come
Tajani, che non ammettevano deroghe a una condotta legale anche da parte delle autorità.
Si trattò di una forte fibrillazione istituzionale che evidenziava due linee contrapposte e
due filosofie politiche divergenti.
L’autrice segue il filo di questa vicenda contestualizzando le fasi politiche della Destra
storica e dando al lettore sistematici riferimenti biografici di ogni personaggio di rilievo.
Il ricorso costante alle fonti e a una sistematica lettura della precedente storiografia fa di
questa ricerca un buon lavoro sia sotto il profilo

Marco De Nicolò