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Führer und Duce: politische Machtinszenierungen im nationalsozialistischen Deutschland und im faschistischen Italien,

Wenke Nitz
Köln, Böhlau, 416 pp., € 49,90

Anno di pubblicazione: 2013

Profondamente influenzata dal visual turn nella storiografia, la dissertazione di Wenke
Nitz prende ad oggetto la fotografia come veicolo di rappresentazione del potere nel
fascismo e nel nazionalsocialismo. A questo scopo lo studio si concentra sulle rappresentazioni
dei due dittatori in settimanali illustrati di ampia diffusione popolare. Due capitoli
iniziali illustrano la storia del controllo politico della stampa nelle dittature con una particolare
attenzione alla produzione e alla diffusione di immagini fotografiche. Il capitolo
successivo analizza i due casi in modo comparato evidenziando i transfer tra i due paesi.
Più innovativi e interessanti sono i capitoli successivi, in cui l’a. fa parlare direttamente
le immagini applicando un approccio statistico a una grande quantità di fotografie
del Führer riprodotte su giornali popolari. Da un lato analizza la ricorrenza di elementi
puramente formali, ad es. l’orientamento della testa e dello sguardo del dittatore, la
postura e il numero di persone presenti nella foto. Dall’altro con lo stesso approccio si
concentra su elementi contenutistici come il contesto dell’incontro tra Führer e popolo
(discorsi, incontri con la popolazione), il rapporto con le masse, la rappresentazione delle
mani del dittatore.
Infine l’a. si dedica alle immagini del duce per confrontarle con quelle di Hitler e cogliere
somiglianze e differenze. La parte italiana del lavoro purtroppo è meno sistematica a
causa di «difficili condizioni di reperimento e riproduzione» (p. 49) del materiale. Un primo
capitolo si concentra sulle foto del duce apparse su settimanali tedeschi, un secondo
analizza un campione di settimanali italiani più ridotto rispetto a quelli analizzati nel caso
tedesco. Lo studio evidenzia, ad es., come nelle rappresentazioni di Mussolini vi sia una
maggiore distanza tra capo e popolo e come prevalga la visione frontale, statica, che mette
il dittatore al centro con lo sguardo rivolto verso un indefinito punto lontano, una modalità
di percezione piuttosto tradizionale dei governanti. Queste immagini, invece, sono
rare nel caso di Hitler. Qui prevalgono invece le visioni di lato, in movimento, focalizzate
sulla relazione diretta tra capo e popolo o singoli soggetti. Questi elementi sono interpretati
dall’a. come indice di una tendenza a dare alla figura del duce un maggior carattere
di straordinarietà e di extra-quotidianità rispetto a Hitler. L’a. nota anche un’interessante
differenza nelle rappresentazioni della folla, che nei giornali italiani è quasi sempre massa
oceanica non ordinata, una tipologia rara nelle immagini tedesche che prediligevano folle
inquadrate. Lo studio rileva, infine, come nelle immagini del Führer vi sia quasi sempre la
svastica – stampata sul bracciale – mentre il fascio littorio è meno presente nelle immagini
del duce.
Come si capisce da questa breve esposizione il libro contiene parecchi elementi di
notevole interesse ma, vista la sproporzione tra studio sul caso tedesco e sul caso italiano,
rimane, come ammette l’autrice, «una comparazione asimmetrica» (p. 49). Una traduzione
in Italia è comunque decisamente auspicabile.

Paolo Fonzi