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La Sicilia e gli Alleati. Tra occupazione e Liberazione

Manoela Patti
Roma, Donzelli, 227 pp., € 19,00

Anno di pubblicazione: 2013

Manoela Patti, dottore di ricerca in storia contemporanea e collaboratrice dell’Università
di Palermo, dedica il suo lavoro non solo all’occupazione della Sicilia da parte degli
Alleati, ma anche alla pianificazione dettagliata di tale invasione.
Per gli anglo-americani il successo dello sbarco avrebbe dato il via alla risalita e
alla conquista della penisola; è evidente quindi l’importanza che gli Alleati attribuirono
alla pianificazione di Husky. Ma ciò che spicca nel lavoro di Patti è il significativo ruolo
assunto dalla comunità italo-americana in vista dell’operazione: lo sbarco fu supportato
dai cosiddetti prominents di tale comunità e dalle relazioni che essi fornirono al War Department.
In quest’ambito, l’a. si riferisce ai piani Montana e Corvo, entrambi basati su
una rappresentazione della Sicilia come luogo ideale di una rivoluzione, in quanto «terra
di fratelli» pronti a un complotto antifascista e come «laboratorio» di una prima forma
di occupazione militare che avrebbe modellato tutte le altre, compresa quella tedesca.
Questa fotografia dell’isola indusse il War Department a dare vita a una specifica sezione
italiana dell’Oss e a una vera e propria italianizzazione della missione, con il reclutamento
di personale che conoscesse il dialetto siculo. Nella visione italo-americana, lo sbarco
avrebbe assunto la veste di una specie di «riunione in Sicilia» (p. 13), come la definisce l’a.,
più che di una sanguinosa operazione. Forti di questa interpretazione e delle informazioni
che i vertici militari alleati avevano ottenuto dagli interrogatori dei prigionieri italiani,
gli anglo-americani procedettero a un’invasione che avrebbe contato, solo in una fase del
tutto successiva allo sbarco, sulla disponibilità e la connivenza della mafia locale.
Nella seconda parte dell’opera, l’a. si concentra sulle modalità di invasione effettiva
del territorio siculo, ribaltando l’immagine di un incontro che era stato proiettato inizialmente
in una dimensione un po’ troppo idilliaca. Patti sottolinea da un lato gli episodi
di grande violenza di cui si macchiarono le truppe alleate nella loro avanzata, ricordando
inoltre l’atteggiamento ostile del generale Patton e dei suoi uomini, dall’altro le fortissime
tensioni scaturite tra forze di occupazione e popolazione locale a causa degli ammassi di
grano. Nella fase della pianificazione, gli anglo-americani si basarono erroneamente sulle
stime granarie della Sicilia fornite dal regime fascista, sottovalutando completamente
il problema alimentare. La nomina dell’avvocato italo-americano Charles Poletti, come
governatore dell’isola, non servì infatti a sanare una situazione che nel giro di un anno
dall’invasione sarebbe diventata esplosiva.

Francesca Somenzari