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Le Chiese indipendenti africane. Una storia religiosa e politica del Novecento

Stefano Picciaredda
Roma, Carocci, 264 pp., € 25,00

Anno di pubblicazione: 2013

Il volume di Picciaredda colma un vuoto negli studi italiani sul tema dei movimenti
cristiani africani indipendenti, definiti «comunità cristiane fondate da africani per africani
» (p. 12) che si sono affermate prevalentemente in ambito protestante. Se si fa eccezione
per il fondamentale lavoro di Vittorio Lanternari del 1974 (Movimenti religiosi di libertà e
di salvezza dei popoli oppressi), i contributi italiani sono stati frammentari a fronte di una
ricca ricerca internazionale. Un secondo aspetto di novità è la scelta di allontanarsi dal solco
prevalente degli studi in materia, dominati dalle scienze sociali e antropologiche, volte
soprattutto a decostruire i nessi tra affermazione religiosa e affermazione politica e sociale,
per proporre un approccio storiografico. L’approccio risulta convincente nella seconda e
più ampia parte del volume dedicata alla Chiesa Kimbanguista nel Congo-Kinshasa, della
quale è descritta l’evoluzione e il posizionamento rispetto alle autorità coloniali e allo
Stato indipendente, sulla base di una vasta documentazione d’archivio belga.
Più aperta alla discussione è la rassegna dei casi e delle interpretazioni sviluppata
nella prima parte del volume. Il tentativo di distaccarsi dalla lettura sociologica (la relazione
religione-politica in una prospettiva di liberazione sui quali si vedano soprattutto gli
eccellenti lavori di Dozon e Augé), porta a una dismissione forse un po’ troppo frettolosa
di questa prospettiva.
La scelta dell’oggetto della ricerca, le «Chiese» indipendenti, rispetto ai «movimenti
religiosi» (o politico-religiosi come li definisce Dozon), ha il merito di riportare l’analisi
nell’ambito della ricerca della spiritualità in quanto tale (non subordinandola appunto a
finalità politiche e sociali) e all’interno della storia della cristianità in Africa. Da questo
punto di vista, è evidente lo sforzo dell’a. di mostrare non solo la legittimità anche teologica
dell’indipendentismo cristiano africano, ma anche il suo essere totalmente interno
al Cristianesimo e alle sue fonti (la Bibbia). Non sembra casuale che l’analisi delle Chiese
indipendenti, in quanto comunità fondate «da africani per africani», sorvoli quasi interamente
sugli aspetti sincretici di queste stesse Chiese o su quanto il pensiero africano (religioso
quanto politico: si consideri quanto «messianismo» c’è nei discorsi dei leader dell’indipendenza)
abbia incorporato e adattato pensieri e pratiche «altre» fondendole a quelle
autoctone all’interno di strategie di relazione con lo Stato (coloniale e post-coloniale). O
non siano per nulla prese in considerazione manifestazioni dello spirituale dal carattere
autolesionista (ad es. la distruzione del proprio bestiame in attesa del Messia liberatore
dall’oppressione bianca) o escapista. In altri termini ci si può chiedere se una prospettiva
così «interna» all’importazione in Africa del Cristianesimo non finisca per espellere dal
quadro la «indocilità» dell’Africa acutamente analizzata da Mbembe (Afriques indociles,
1988).

Maria Cristina Ercolessi