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A cinquanta anni dal primo Centro- sinistra: un bilancio nel contesto internazionale

Giovanni Bernardini, Michele Marchi (a cura di)
«Ricerche di Storia politica», 2 (2014), 232 pp., € 19,00

Anno di pubblicazione: 2014

Il Centro-sinistra è una cesura di cui la storiografia riconosce l’importanza con nu- merosi studi che però si collocano in un orizzonte prevalentemente nazionale. Opportu- namente, perciò, il numero monografico curato da Bernardini e Marchi ne pone l’analisi in un più ampio contesto internazionale.
Il numero si divide in tre parti. Nella prima si trovano i saggi dei curatori, che partono dalla dimensione nazionale per indicare il rapporto tra le peculiarità del Centro- sinistra e le coeve esperienze europee. L’invito alla comparazione pone così le basi per la seconda parte, con i saggi su Gran Bretagna, Germania e Francia. Qui emergono le affinità tra i diversi casi, a partire dal comune approccio «tecnocratico-strutturale» che, sottolinea Marchi, intendeva «coinvolgere tutte le sfere dello Stato, dell’economia e della società» (p. 150). È infatti noto che i dirigenti del Psi puntavano sulla «programmazio- ne». Ed è interessante notare come il National Plan del governo Wilson nel 1965 traesse spunto – sottolinea nel suo intervento O’Hara – dai «riscontri dell’IRI», che indussero il primo ministro laburista a proporre un «Ente per la Riorganizzazione Industriale su linee simili» (p. 158). La grande coalizione tedesca – osserva Gassert – mise a sua volta «fine alle politiche neo-liberiste che avevano costituito il programma economico» dei precedenti governi (p. 171).
Ne discende una seconda affinità: l’aumento della spesa pubblica, soprattutto nell’istruzione, che per esempio in Gran Bretagna «crebbe – registra O’Hara – fino a superare per la prima volta quella della difesa» (p. 160). Solo apparente l’eccezione della Francia dove, nonostante il presidenzialismo sembrasse spingere verso il bipolarismo, «nel corso dei suoi primi anni la Quinta Repubblica ha attinto – nota nel suo saggio Le Béguec
– alle riserve di un Centro-sinistra destabilizzato dal fallimento della Quarta», soprattutto in «quella parte di opposizione che rifiutava l’alleanza col Partito comunista» (p. 180). Emergono così anche le peculiarità, soprattutto del caso italiano, con il «difficile eserci- zio della leadership» (p. 144) permesso dalle dinamiche della «Repubblica dei partiti» (a differenza soprattutto della Gran Bretagna, dove il Labour beneficiò della leadership di Wilson) e con la presenza di condizionamenti esterni, per i «vincoli imposti dalle gerar- chie ecclesiastiche» e «dalle trame eversive» (ivi).
Arriva infine la terza parte del volume, con saggi sulla cultura riformatrice in Usa, la televisione e il revisionismo britannico, volti a introdurre «elementi più trasversali» che «a vario titolo interessarono il decennio» (p. 133). Un approccio ampio e interdisciplinare, insomma, capace di stimolare la riflessione e suggerire nuove ricerche.

Paolo Mattera