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Racial Theories in Fascist Italy – 2002

Aaron Gillette
London-New York, Routledge, pp. 247, $ 85,00

Anno di pubblicazione: 2002

Fa piacere trovarsi finalmente a leggere un libro interamente dedicato alle teorie razziste dell’Italia fascista. Gillette non è certamente il primo ad affrontare il tema della razza sotto il fascio, ma sinora non era disponibile una trattazione così sistematica delle teorie razziste dell’epoca.
La letteratura consultata dall’autore è assai ampia e comprende testi editi sino al 2001, ma egli non menziona i recenti studi di Israel e Nastasi, Maiocchi, Gabrielli, Schneider e quelli raccolti da Burgio. Le fonti archivistiche segnalate sono quelle di tipo diretto: i fascicoli del Minculpop, della PS, dell’Istruzione e della SPD intestati all’Ufficio razza del Minculpop e ai protagonisti del razzismo italiano.
Il cardine del lavoro è costituito dall’analisi non tanto della tipologia razzistica delle teorie razziste (spirituale, biologica, ecc.), riguardo alla quale anch’egli in fondo rimanda a Raspanti, quanto della tipologia di ?razza italiana? proposta da dette teorie. In altri termini, Gillette propone, per la prima volta, uno studio articolato sull’evoluzione e sul confronto-scontro dei modelli di ?razzismo nordico? e ?razzismo mediterraneo? e quindi dell’assegnazione degli italiani alla ?razza nordica? o alla ?razza mediterranea? (o, talora, a una ?razza italiana?). L’autore non presta attenzione al razzismo praticato (un suo approfondimento dell’ufficio razzista del Minculpop è in ?Holocaust and Genocide Studies?, winter 2002), e si dedica al razzismo pensato.
Dopo aver seguito Mussolini nel primo quindicennio fascista (evidenziando tra l’altro i suoi riferimenti dell’aprile 1921 alla ?nostra stirpe [da Gillette tradotta ?race?] ariana e mediterranea?, p. 39, e dell’ottobre 1933 alla ?nostra razza latina e mediterranea?, p. 45), l’autore evidenzia l’approccio razzista della sua campagna per la rimodellazione degli italiani e collega ad esso la sua scelta nel 1938 del razzismo ?nordico?. La campagna e la scelta erano connesse alla conquista dell’Etiopia; mentre quanto agli ebrei Gillette conclude che ?Italian anti-Semitism was initially meant to focus Mussolini’s efforts to change the Italian’s innate mentality, though the persecution of the Jews would soon grow to enormous proportions, and take on a life of its own? (p. 59) (considerazione che non condivido, ma che può servire a sviluppare una riflessione sul ?peso? dell’antisemitismo nel manifesto del razzismo fascista del luglio 1938). Quest’ultimo documento sembra non lasciare dubbi sul carattere definitivo della scelta ?nordica?; ma l’autore illustra il ritorno in auge, appena un anno dopo, del razzismo ?mediterraneo? (e, connesso ad esso, delle ?origini indigene della razza italiana?) e l’acceso scontro pubblico tra le varie correnti sviluppatosi nel 1940. Nessuna di esse riuscì ad ottenere la vittoria definitiva, e Gillette osserva: ?the struggle over race demonstrates that Mussolini’s dictatorship was, in fact, severely limited by the powerful influence of conflicting groups? (p. 180).

Michele Sarfatti