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La portaerei italiana. Cento anni di dibattiti e progetti – 2001

Achille Rastelli
Milano, Mursia, pp. 253, euro 17,56

Anno di pubblicazione: 2001

In un agile volume, l’autore, noto studioso di storia navale, conoscitore della fotografia di guerra, presidente dell’Associazione italiana di documentazione marittima e navale, ripercorre sveltamente per un largo pubblico le vicende che portarono l’Italia fascista e, per lungo tempo, repubblicana a non dotarsi di una portaerei, anche quando altre (più potenti) marine se ne erano dotate e anche quando la riflessione militare aveva spiegato il ruolo centrale che ? tanto per una grande battaglia marittima quanto nella guerra generale ? quello specifico tipo di nave avrebbe avuto.
Le ragioni, com’è noto, sono complesse e l’autore ce le restituisce. Per quanto concerne il fascismo esse chiamano in causa tanto la divisione all’interno della Marina quanto le logiche concorrenziali fra Esercito e Marina, tanto i pregiudizi di chi guardava all’indietro (al ruolo limitato della flotta nella prima guerra mondiale) quanto di chi guardava troppo in avanti (vaticinando una guerra vinta solo dall’aria). Le politiche del regime, però, furono le massime responsabili. Tutto ciò è stato al centro di un’ampia serie di studi di cui l’autore si avvale (e che cita precisamente in bibliografia): è questa la parte meglio riuscita del volume.
Non inaspettatamente, le difficoltà si fanno sentire nelle pagine concernenti l’Italia repubblicana. Qui l’assenza di studi preparatori indebolisce fortemente l’opera che pure aveva centrato un tema rilevante (si ricorderà che proprio il trattato di pace del 1947 aveva fatto divieto alle forze armate italiane di dotarsi di armi ?offensive?, fra cui appunto le portaerei). Come, quando e perché fu rimosso quel divieto? Per iniziativa di chi? L’autore qui avrebbe potuto almeno rileggere gli aspri scontri pubblici sviluppatisi negli anni settanta e soprattutto ottanta attorno alla decisione di dotarsi dell’?incrociatore tuttoponte Garibaldi?, entrato in servizio nel 1985, e di autorizzarlo nel 1989 a imbarcare velivoli non più solo ad ala mobile (elicotteri) ma ad ala fissa (aerei). Qui il volume è più debole, frettoloso e in fondo agiografico.
Aspetto questo che indebolisce un impegno pure meritevole su un punto storico importante per la storia politica e militare italiana.

Nicola Labanca