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Milano città della Radiotelevisione 1945-1958 – 2000

Ada Ferrari e Gaia Giusto (a cura di)
Franco Angeli, Milano

Anno di pubblicazione: 2000

Il volume raccoglie gli atti del convegno tenuto a Milano nel 1998 dal Dipartimento di storia delle società e delle istituzioni e dalla Scuola di specializzazione in comunicazioni sociali sulla nascita della televisione italiana. Il tema è quanto mai importante e s’inserisce nel fiorire di studi sulla radio e sulla televisione di questi ultimi dieci anni. Il convegno è collegato alla creazione di un archivio orale per la storia del Centro di produzione Rai di Milano diretto da Ada Ferrari, una delle curatrici, pertanto la parte più significativa consiste nella raccolta di testimonianze inedite o quasi sul periodo preso in esame. A detta delle curatrici la televisione nasce a Milano, se si considerano gli anni che vanno dal 1945, data “autoesplicativa” (p. 22), ritorno alla democrazia e al sistema dei partiti, al 1958, anno in cui il centro di produzione milanese perde l’informazione del Telegiornale che si concentra a Roma. Dagli interventi dei vari docenti, storici e sociologi, e di alcuni funzionari e dirigenti della Rai di allora, che compongono la prima parte del volume, traspare nettamente il rammarico per una scelta, lo spostamento dei servizi informativi, che sembra, alla luce degli eventi, naturale, visto l’importanza che andava assumendo Roma come centro di trasmissione dei segnali sia al nord sia al sud. Già nel luglio del 1939 entra in funzione il trasmettitore tv di Monte Mario e nel 1951 si ricostituisce, per la radio, il Centro ad onde corte di Prato Smeraldo (Roma) con cinque trasmettitori (Marelli, Marconi, Telefunken) e poco dopo un sesto trasmettitore radiodiffonde per gli italiani all’estero residenti in Europa, in Africa e nel bacino del Mediterraneo. Unica voce contraria quella di Aldo Grasso che a mo’ di premessa si chiede il perché di questa data (il 1958) e ricorda che basta andare a Torino per sentir affermare che la televisione ha origine in quella città. Disquisire sui motivi del mancato ruolo assunto da Milano nei confronti del più importante mass-medium della nostra epoca appare, dunque, non particolarmente proficuo, soprattutto se consideriamo studi di storia della radio e della televisione, che hanno già ampiamente sviscerato il problema (per esempio Monteleone). Resta invece indubbiamente interessante la seconda parte del libro dove si concentrano diverse testimonianze, che riguardano non a caso più la radio che la televisione: sostanzialmente per due motivi, il periodo, 1945-1958, quando la radio ha ancora un ruolo preminente sul nuovo medium e il luogo, Milano, perché i centri di produzione radiofonica erano ancora sparsi fra Bari, Napoli, Firenze, Milano, mentre decisioni e produzione non erano concentrate a Roma, come accadde dopo l’avvento della televisione. I testimoni ricordano che Milano, “come capitale dell’editoria, nell’ottica di un articolato servizio pubblico” (p. 84) avrebbe potuto rompere fin da allora la logica monopolistica, e, in effetti, alcuni gruppi finanziari, nel 1951, provarono ad installare un’antenna per una stazione trasmittente, cercando di battere così la Rai per le trasmissioni televisive, ma l’operazione fallì e forse fu un bene.

Francesca Anania