Cerca

Razza padana

Adalberto Signore, Alessandro Trocino
Milano, Rizzoli, 398 pp., euro 11,50

Anno di pubblicazione: 2008

Come recita lo strillo sulla copertina del libro, gli aa. si sono prefissi di tracciare insieme al «fascino» e alle «contraddizioni», anche la storia della Lega Nord ed è per questo che il libro ci interessa.Le fonti che vengono utilizzate sono in linea con i repertori che tutti gli studi, che in un qualche modo vogliono essere attenti a ciò che dall’ieri arriva all’oggi con scarti di tempo molto ravvicinati, utilizzano; ossia le fonti a stampa, prevalentemente non documentarie (i riferimenti sono in linea di massima tratti dai dispacci dell’Ansa, come dagli articoli pubblicati su «Il Corriere della Sera», «Il Giornale», «Il Messaggero», «Il Borghese», «la Repubblica») e in qualche remoto caso, soprattutto grazie a qualche presunta citazione di seconda mano, fonti archivistiche.Non ritengo, come qualcuno fa, che, se non si è ancora del tutto depositata la polvere sollevata dagli accadimenti, lo storico debba rimanere lontano da ciò che, in un iter di lungo periodo, continua a produrre effetti (cfr. M. Gotor, I tre partiti di Bologna. La verità sulla strage del 2 agosto 1980 non può essere affidata agli storici, «Il Sole24 ore», 9 agosto 2009). Ritengo invece come ci ricordava anni or sono Paolo Prodi che il mestiere dello storico, lungi dall’essere quello di un mercenario asservito alla politica, sia quello di «fornire ai propri con-uomini […] un particolare tipo di occhiale che serve per vedere il passato che è incorporato nel mondo che ci circonda (cose e idee) e in noi stessi, passato che è invisibile ad occhio nudo» (Se lo storico fa il mercenario, «la Repubblica», 27 settembre 2004).Nulla dunque da eccepire sul materiale che viene utilizzato per comporre il quadro. Quello su cui invece c’è da ridire è il modo in cui questo materiale viene utilizzato.Partiamo da alcuni elementi tecnici: le note in un testo di storia ancorché con approccio narrativo, non sono un optional e dunque vanno fatte secondo criteri omogenei, citando in modo preciso i riferimenti che permettano a chi legge di approfondire lo studio andando a confrontarsi direttamente con le fonti, i virgolettati del testo vanno annotati. Se si cita un’analisi della Cia, va indicata la fonte da cui è stato assunto il dato che si riporta e se nel testo c’è un macroscopico errore (la palese confusione di Acli con Arci – p. 57 – dal momento che si attribuisce quest’ultima sigla ai lavoratori cattolici di sinistra), questo va prontamente segnalato perché in caso contrario più che storia si trasmette ignoranza.Arriviamo invece alla sostanza. Un libro di storia che si prefigge di ricostruire la tela lungo la quale un fenomeno si è svolto non può prescindere dalla sua contestualizzazione: non si può semplicemente fare una collazione di testi tenuti insieme da riassunti di altri testi. Chi vuole cimentarsi con i fenomeni che stanno segnando la nostra storia non può limitarsi a registrare la notizia, deve andarci dentro e decodificarla (qualche esempio in questa direzione, anche proprio in riferimento alla Lega, di recente lo abbiamo avuto, cfr. P. Citati, Il «Mein Kampf» del Senatur, «la Repubblica», 4 agosto 2009), chi non lo vuol fare può continuare a pubblicare book più o meno instant, ma per correttezza non può chiamarli libri di storia.

Maria Serena Piretti