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CGIL e la costruzione della democrazia – 2001

Adolfo Pepe, Pasquale Iuso, Simone Misiani
Roma, Ediesse, pp. 509, euro 46,48

Anno di pubblicazione: 2001

Al centro di questo volume è la Cgil come elemento fondante e strutturale del nuovo Stato repubblicano. Alla fine del secondo conflitto il sindacato, che ha ricostruito tra il 1943 e il 1945 un qualche rapporto con le masse, viene investito del compito di sostituire il sistema dei partiti, nella coscienza popolare e nazionale, e di farsi canale per la costruzione di un rapporto tra i partiti medesimi e le masse. Questo compito di supplenza s’intreccia con la ricerca d’identità del sindacato medesimo, diviso tra l’assunzione di un ruolo di mediazione sociale, centrato sulla tutela dei lavoratori fuori del luogo di lavoro, e la valorizzazione delle commissioni interne e delle lotte di fabbrica. La priorità data dal sindacato unitario al primo impegno, consente ad esso di giocare un ruolo importante nella scrittura della nuova carta costituzionale, dove vengono riconosciuti i diritti del lavoro, ma finisce per lasciare mano libera alla Confindustria, che dal 1947 fonda la sua politica sindacale su due cardini: la resistenza massima alla contrattualizzazione dei rapporti collettivi di lavoro e la negazione della funzione rappresentativa e negoziale del sindacato in fabbrica.
Così, come osserva Pepe, l’avvio della storia ordinaria dell’Italia repubblicana viene a coincidere con una fase di delegittimazione del mondo del lavoro e del sindacato, che tuttavia riuscirà a diventare, negli anni successivi, il baricentro della legalità costituzionale, della solidarietà nazionale e della coesione repubblicana. A partire dalla seconda metà del 1947, nel sindacato si registrano i limiti della contrattazione centralizzata; la rottura dell’unità sindacale e l’attacco alla nuova Cgil, condotto all’interno e col pretesto della guerra fredda, favoriscono il riemergere della cultura consiliare. Le lotte contro il fascismo del luglio 1960 riportano il sindacato in fabbrica. Questo ritorno s’accentua col boom economico, mentre la fine dello stalinismo e l’allentarsi della guerra fredda favoriscono una prima ripresa di rapporti tra le tre centrali sindacali. La vicenda nazionale del sindacato è arricchita, nel saggio di Iuso, da un’apertura d’indagine verso la politica estera della Cgil, mentre il contributo di Misiani si segnala per la capacità di rapportare l’evoluzione della strategia sindacale agli studi sulle trasformazioni sociali indotte dal processo produttivo.
Nel complesso, il testo si presenta di notevole interesse, e ricco di stimoli per ulteriori approfondimenti. Talvolta si rileva una certa fatica a gestire una così complessa materia: se indubbiamente riuscita è la ricostruzione del ruolo e delle strategie del sindacato, quella del contesto politico, che peraltro non è l’intento del volume, ci lascia, qualche volta, ancora insoddisfatti.
Il volume è corredato da una ricca appendice documentaria, che presenta relazioni di dirigenti e studiosi vicini al sindacato, da Giuseppe Di Vittorio a Luciano Lama, da Franco Momigliano a Gino Giugni. A conclusione del lavoro troviamo una documentazione statistica, con dati sugli iscritti, e sui conflitti del lavoro e gli scioperi, nel periodo dal 1947 al 1963.

Laura Savelli