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Liberal and Fascist Italy. 1900-1945 – 2002

Adrian Lyttelton (a cura di)
Oxford-New York, Oxford University Press, pp. 299, $ 19,95

Anno di pubblicazione: 2002

Il volume fa parte di un’opera più grande, la Short Oxford History of Italy (l’intero progetto è a cura di John Davis), che a sua volta è parte di un progetto più ambizioso, la Short Oxford History of Europe. Lo scopo della collana è di fornire una serie di quadri storici nazionali in cui l’elaborazione storiografica cui sono state sottoposte le storie dei paesi europei in questi ultimi decenni emerga all’interno di volumi che non si rivolgono ad un pubblico di specialisti. Lo stile utilizzato infatti è molto piano, le note sono ridotte al limite e accompagnano i testi alcune pagine di rimandi bibliografici (per lo più a letteratura anglossassone o tradotta in inglese), una cronologia e alcune cartine geografiche.
Il libro si compone di dieci capitoli scritti da storici di rilievo, tenuti insieme dall’Introduzione e dalla conclusione di Lyttelton. I riferimenti ad alcuni dei più recenti dibattiti della storiografia italiana sono frequenti: gli autori non propongono esclusivamente una riflessione sullo stato delle discussioni, ma prendono posizione. Esempio significativo di questo è la conclusione di Lyttelton, dove la tesi della ?morte della patria? viene confutata sulla base della continuità dell’invocazione ai valori tradizionali della nazione (tanto da parte degli antifascisti che dei fascisti). Non fanno di meno Gentile, che sintetizza alcune delle sue importanti conclusioni già esposte altrove a proposito del totalitarismo fascista, e De Cecco che riflette sul rapporto tra politica, ideologia e gestione nazionale dell’economia tra intervento statale e liberismo. Grande attenzione è posta alla reazione della società ai processi di riforma dello Stato liberale come pure alle trasformazioni della gestione del rapporto istituzioni società messe in atto dal regime fascista, attraverso i saggi di Corner, che traccia un quadro dei rapporti stato società nell’Italia liberale; di Kelikian, che scrive su chiesa e cattolicesimo; e di Wanrooj, sulla società italiana sotto il fascismo. I capitoli dedicati alla cultura (Braun scrive sulle arti visive e Woodhouse sulla letteratura) condividono l’assunto anticrociano, e non solo, dell’esistenza di una cultura fascista e dell’ambiguità della censura operata dal fascismo nelle questioni artistiche e culturali e il contributo di Bellamy sul pensiero politico e sociale italiano chiude bene questa raccolta di saggi inquadrando l’azione politica e la cultura all’interno della tensione esistente tra idealisti e positivisti, e sulle ripercussioni di quest’ultima nell’inesausta questione dei rapporti tra Italia reale e legale. I saggi di De Cecco, McGregor Knox e Row pongono più esplicitamente degli altri il rapporto con il contesto europeo e mondiale in cui l’Italia è inserita, dal punto di vista economico, politico e delle relazioni internazionali. L’obiettivo condiviso e pienamente raggiunto degli autori sembra sia quello di fare uscire la storia italiana dal mito dell’eccezionalità per riportarne i processi sociali e politici entro i più vasti processi europei e mondiali che sono fondamentali per comprendere il periodo considerato.

Giulia Albanese