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Agostino Casaroli – Il martirio della pazienza. La Santa Sede e i paesi comunisti (1963-89) – 2000

Agostino Casaroli
Einaudi, Torino

Anno di pubblicazione: 2000

Ripercorrendo in chiave autobiografica l’Ostpolitik vaticana tra il 1963 e il 1989, Casaroli evoca spesso le critiche rivolte alla diplomazia vaticana verso il mondo comunista e propone una rilettura di questa Ostpolitik, alla luce di tali critiche, con risultati indubbiamente originali. Nella sua ricostruzione, ad esempio, mancano Germania Orientale, Romania e Unione Sovietica: non si tratta certo di assenze secondarie. Ulteriori elementi di sorpresa vengono poi dagli esiti, per certi versi paradossali, della rilettura da lui proposta. In Polonia, egli argomenta, se ne avvertiva poco il bisogno e l’Ostpolitik fu quasi “imposta” da Roma; in Jugoslavia, dove ci furono sviluppi rilevanti, essa beneficiò della “marginalità” di quel paese nel comunismo internazionale; in Ungheria, dove registrò importanti “successi”, proprio tali successi hanno suscitato maggiori dubbi; pochi dubbi invece sono stati sollevati sull’ importanza della Ostpolitk nel paese dove essa non raggiunse quasi nessun risultato: la Cecoslovacchia.
Oltre alle differenze legate alla situazione dei vari paesi, altre articolazioni interne dell’Ostpolitik sono derivate dal diverso modo di intenderla e praticarla nel corso dei vari pontificati. Alle origini ci furono le preoccupazioni di Giovanni XXIII per la libertà dei cattolici oltre la “cortina di ferro” e lo sviluppo di rapporti ecumenici con l’Ortodossia. L’iniziativa passò poi nelle mani di Paolo VI, inizialmente “diffidente” verso l’Ostpolitik: Montini alla fine l’accettò, assegnandole però una finalità diversa e inserendola nella sua strategia diplomatica per la pace che ebbe una tappa culminante nella conferenza di Helsinki.
Molte voci hanno attribuito a Giovanni Paolo II un atteggiamento critico verso Casaroli per una presunta condiscendenza nei confronti della controparte comunista. In realtà, dopo l’elezione di Giovanni Paolo II, non ci fu un’inversione della politica vaticana verso il blocco sovietico, come mostra la nomina proprio di Casaroli a Segretario di Stato, anche se questo Papa introdusse elementi di novità, come il collegamento con una dinamica pastorale più forte e più intensa, evidente soprattutto nel caso ungherese.
Casaroli fa emergere comuni ragioni di fondo che hanno attraversato le varie stagioni dell’Ostpolitik. Come egli sottolinea, l’iniziativa di avviare contatti non partì da Roma ma venne direttamente dal Cremlino. Perciò, un esito limitato di questi contatti non era affatto imprevisto, ma i papi dell’Ostpolitik hanno ritenuto di non poter rifiutare a priori l’occasione che si presentava.
Da questo volume emerge un Casaroli più giovanneo che montiniano, mentre appare anche una profonda sintonia con Giovanni Paolo II. L’autore fa capire che l’Ostpolitik, prima di essere una strategia diplomatica, è scaturita da una preoccupazione pastorale ed è tornata a fondersi con un disegno pastorale. Forse per questo, Casaroli non ha ritenuto necessario parlare della principale controparte di questa lunga azione diplomatica: l’Unione Sovietica.

Agostino Giovagnoli