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Agostino Giovagnoli – Chiesa e democrazia. La lezione di Pietro Scoppola – 2011

Agostino Giovagnoli
Bologna, il Mulino, 293 pp., Euro 24,00

Anno di pubblicazione: 2011

Sul fatto che Pietro Scoppola sia stato un protagonista di una complessa stagione della storiografia italiana non ci sono dubbi. Giovagnoli nell’introduzione sembra lamentare un po’ di oblio sulla sua opera, e questo forse in parte è vero, ma certo esso non si estende sulla sua figura di «uomo pubblico», perché Scoppola è stato punto di coagulo non solo di un cospicuo gruppo di storici professionali, ma anche di «intellettuali» cattolici come lui coinvolti nel turbine della seconda metà del ‘900. Giovagnoli ha ricostruito il versante del lavoro storiografico del suo maestro, tenendo a margine, anche per indisponibilità di fonti, quello della battaglia culturale e politica in senso più ampio. Egli sa benissimo che questo è possibile sino a un certo punto, ma, molto opportunamente, precisa che le due dimensioni non sono banalmente sovrapponibili.Il libro segue puntualmente lo svilupparsi del lavoro di storico di una personalità per cui esso era, come viene ricordato, «una ricerca di identità». Non è qui possibile seguire in dettaglio l’analisi assai ricca che l’a. offre, ma si possono mettere in luce due questioni fondamentali: la prima riguarda le «stagioni» della presenza storiografica di Scoppola, la seconda la discussione su cosa rappresenti il tema unificante di esse. Al contrario di quello che si può dire per altri storici, in questo caso le stagioni sono molto marcate. La prima è il recupero della tradizione «democratica» del movimento cattolico prefascista: in sotterranea contrapposizione a chi anteponeva la ricostruzione della «potenza» della presenza cattolica in quella fase, Scoppola privilegiava le correnti che più avevano accettato di rischiare di partecipare allo sforzo di tutta una cultura che fra il declino dell’800 e gli albori del nuovo secolo si misurava con la modernità della politica. La seconda stagione è stata quella della riscoperta del De Gasperi «costruttore» della nuova Italia, politica fondata su un «realismo» lungimirante. La terza è rappresentata dal fortunato volume La repubblica dei partiti, in cui Scoppola faceva i conti con i «caratteri originari» di un’esperienza. La quarta è quella che registra le perplessità e il disperato tentativo di «leggere» sia cosa stava succedendo nel sistema politico italiano, sia cosa significava il venir meno di una riconoscibile tradizione di «cattolicesimo democratico».Quale è stato il tema unificante di questa ricerca, che certo, dal punto di vista dello schieramento nella battaglia politico-culturale, è stata tutt’altro che banalmente lineare? (come tacere l’evoluzione da rifondatore intellettuale della Dc ad alfiere della confluenza cattolica nell’esperienza della sinistra post-comunista?). Giovagnoli propone come spiegazione l’endiadi «chiesa e democrazia», che è senz’altro convincente da più punti di vista. Ci permetteremmo di dire che la si potrebbe allargare a «cultura sociale cattolica e interpretazione della modernità politica».

Paolo Pombeni