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Alberto Barausse – L’Unione Magistrale Nazionale. Dalle origini al fascismo (1901-1925) – 2002

Alberto Barausse
Brescia, La Scuola, pp. 640, euro 45,50

Anno di pubblicazione: 2002

La nascita, nel 1901, dell’Unione Magistrale Nazionale, per iniziativa di un gruppo di riviste scolastiche e grazie all’impegno del radicale Luigi Credaro, cui fu conferita la presidenza, costituì indubbiamente una novità di rilievo nel panorama politico e sindacale italiano. L’UMN, infatti, era destinata non solo a diventare la principale organizzazione di colletti bianchi dell’Italia giolittiana, e una delle più importanti associazioni di maestri in Europa, ma anche a svolgere un ruolo di primo piano nella politica scolastica del paese, attraverso gli stretti contatti dei suoi dirigenti con gli ambienti ministeriali e le alte sfere dell’amministrazione, pur nel tentativo di mantenere un profilo indipendente. Essa attuò, infatti, una decisa presa di distanza dal mondo del vecchio associazionismo e dalle spinte filogovernative che l’avevano spesso percorso.
Le sue travagliate vicende, interrotte dal fascismo che la costrinse allo scioglimento, sono ripercorse da Barausse, che ricostruisce, con un’attenta analisi, oltre alle scelte della Presidenza, ai dibattiti e alle deliberazioni dei congressi, i contributi delle realtà locali e di singoli esponenti dell’organizzazione. Si avvale a questo proposito di una poderosa e assai apprezzabile ricerca documentaria, basata sullo spoglio paziente di una miriade di giornali scolastico-educativi, bollettini magistrali e fogli associativi, carteggi e fascicoli personali di alcuni dei protagonisti di quel mondo.
Tuttavia non è sempre facile per il lettore districarsi nella selva di dibattiti, scontri, prese di posizione, illustrati con dovizia di particolari dall’autore, in mancanza di un più chiara enunciazione delle linee interpretative di fondo e di un bilancio complessivo di quell’esperienza. Egli focalizza l’attenzione sull’attività degli organi direttivi e sui congressi, momenti indubbiamente cruciali per il formarsi della linea politica dell’organizzazione, mentre la dialettica centro-periferia, che pure cerca di ricostruire, è concepita prevalentemente in funzione dei suoi sbocchi congressuali. Una diversa impostazione, che ripercorresse alcune situazioni campione a livello locale e offrisse uno sguardo d’insieme sulle biografie di dirigenti e attivisti (qui collocate in sparse note), sarebbe stata forse più fruttuosa, consentendo di valutare, ad esempio, gli intrecci tra eredità del mutualismo e spinte corporative, l’effettiva consistenza e radicamento delle tendenze più avanzate e addirittura estremistiche, le ragioni e la portata delle divisioni che condussero a sezioni contrapposte nelle stesse città, e di delineare, tra l’altro, le caratteristiche culturali e sociali dei militanti, la presenza e i limiti del protagonismo femminile. Una proficua direzione di approfondimento sarebbe poi il confronto con le esperienze associative di altri paesi, su cui esiste ormai una consistente bibliografia.

Ester De Fort