Cerca

Nel nome della razza. Il razzismo nella storia d’Italia (1870-1945) – 1999

Alberto Burgio (a cura di)
il Mulino, Bologna

Anno di pubblicazione: 1999

Di razzismo Burgio s’era occupato già nel 1998, con L’invenzione delle razze. Qui cura gli interventi al primo convegno del Centro studi sulla teoria e la storia del razzismo italiano organizzato a Bologna nel novembre 1997, di cui è uno dei promotori e che aveva già prodotto un primo risultato Studi sul razzismo italiano del 1996.
La scelta e definizione dell’oggetto sono assunte in termini critici e propositivi e sottendono, scrive Burgio nell’Introduzione, una duplice revisione: d’una storiografia italiana “autoassolutoria” che ha minimizzato il peso del razzismo nella storia d’Italia, contribuendo alla creazione del “mito del bravo italiano”; della storiografia di riferimento non in grado di spiegare il caso italiano con le premesse concettuali ed il quadro analitico tradizionale. In questo senso vanno l’approccio interdisciplinare e la scelta di condurre la ricerca a partire dai dispositivi empirici con cui sono state costruite e legittimate differenze, discriminazioni, gerarchie. All’ambizione d’aprire un rinnovato ed inesplorato campo di ricerca risponde adeguatamente l’impianto del lavoro, che alterna interventi d’ampio respiro storico e storiografico (Collotti, Labanca, Miccoli), a puntuali incursioni nel razzismo italiano (Nana, Chelati Dirar, Catalan, Urettini, Minerbi, Urso). Ne risulta un eterogeneo e ricco mosaico, in cui il concetto di razzismo è esteso a coprire un’ampia serie di discriminazioni: verso stranieri (Triulzi), ebrei (Bon), malati (Giacanelli, Pogliano), donne (Babini), omosessuali (Petrosino, Dall’Orto). La natura di resoconto d’una discussione aperta spiega la compresenza di concezioni del razzismo molto diverse, che possono riguardare il sessismo (Rossi-Doria) o la Shoah, tema sul quale si possono leggere impostazioni tra loro inconciliabili (Sarfatti-Losurdo).
I trentaquattro interventi sono organizzati in quattro sezioni. Del modo in cui gli intellettuali post-unitari costruirono il non italiano, lo straniero esterno, slavo, non ariano (Raspanti), africano (Gabrielli), e lo straniero interno, sardo, meridionale (Riccardo, Poggio) s’occupa la prima. La seconda analizza i dispositivi culturali, politici, amministrativi con i quali si venne edificando l’inferiorità razziale dei colonizzati. Nella terza è affrontata la lunga durata dell’antisemitismo italiano intrecciato a quello di matrice cattolica, presenza chiara ed inequivocabile, che attraversa numerosi interventi, dalle forme originarie del virulento periodo di fine ‘800 (Villa) al primo ‘900 (Padovan). Infine sono ricostruite le derivazioni razzistiche del darwinismo positivista (Frigessi) e del determinismo biologico che hanno reso “scientifica” l’alterità e la sua inferiorità, illuminando modi e strumenti della repressione e della promozione della normalità, dalle prime indagini antropologiche del nuovo Stato fino ai provvedimenti più esplicitamente razzisti del fascismo.

Emmanuel Betta