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Alberto Burgio – Gramsci storico. Una lettura dei Quaderni del carcere – 2003

Alberto Burgio
Roma-Bari, Laterza, pp. 337, euro 29,00

Anno di pubblicazione: 2003

Che le note di lettura di Gramsci, dirigente comunista prigioniero del regime fascista, siano state pubblicate dopo la sua morte in una trentina di lingue, e commentate in circa 15.000 saggi si può spiegare in molti modi. Potenza di pensieri, elasticità di concetti, probabilmente; ma anche coincidenza obiettiva con le vicende del secondo ?900 ? particolarmente del comunismo internazionale ?, e clima favorevole, in cui gli strumenti frammentariamente forgiati dal pensatore-rivoluzionario, intrinsecamente politici, potevano essere rimontati, lucidati e usati. Ma in che ordine leggere le note sparse del prigioniero? Quello tematico di Togliatti, quello genetico-cronologico dell’edizione critica di Gerratana, o quello ancora virtuale della futura edizione nazionale? Burgio in questo volume legge, interpreta e racconta i Quaderni in un ordine nuovo. Imprigionato tra le note di lettura, c’è un libro di storia invisibile, che l’autore prova a liberare, senza aggiungere nulla ? come quel personaggio di Borges che riscrive il Don Chisciotte. È una storia della modernità in 8 capitoli, l’autore la estrae pazientemente e abilmente: un’evoluzione, contenente in sé un’involuzione, che comincia con i giacobini, quando la borghesia si impadronisce dello Stato, e prova ad assimilare dinamicamente le altre classi nei decenni successivi, finché, dopo il 1870, si apre un insanabile conflitto interno al sistema, una ?crisi organica?, che è crisi di ?egemonia?, tentato ritorno allo Stato come pura forza, fino all’impossibile via d’uscita cesaristica ? perché da questa crisi si esce solo con una nuova formazione sociale, una nuova struttura, una nuova civiltà (ottimo riassunto generale alle pp. 282-3). Certo, Gramsci osserva le cose molto dall’alto, nella posizione sopraelevata e distante di chi vuole cambiarle in modo rivoluzionario: la storia della modernità, per chi debba abbattere l’ordine capitalistico, è indispensabile ? ma impossibile in questi termini, forse, troppo lontana dai dettagli, troppo disegnata, per riuscire ancora attraente, suggestiva. L’autore, che è storico della filosofia e dirigente di Rifondazione comunista, riconosce che Gramsci è inattuale, che la sua fiducia nella razionalità e nel progresso è ?una concezione della storia che appare ai giorni nostri, ai più, persino incomprensibile? (p. 285). E quindi ha scritto questo libro coraggioso, spiegando e ripetendo i concetti ? come Gramsci stesso, perché ?le parole hanno un senso? (p. 44) ? ricapitolando, fermandosi sul lessico, correggendo refusi e incongruenze sul testo originale (pp. 40, 138, 163, 177), saldando nelle note finali il pensiero del prigioniero con i suoi scritti precedenti. Non ha voluto aggiungere nulla (come se si potesse): sarebbe stato meglio, invece, se avesse aggiunto qualche notizia biografica e sul contesto (Gramsci storico non era così solo: Sraffa, Togliatti?), oppure qualche informazione sui testi gramsciani A, B e C, la cui stratificazione il lettore potrebbe non ricordare sul momento, e infine se avesse alleggerito energicamente anche il suo testo, per altro chiaro ed efficace, liberando questo bel libro dalla foresta di parentesi quadre e tonde, trattini e puntini, virgolette, caporali e corsivi e facendolo respirare.

Massimo Mastrogregori