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Alberto de Sanctis – Il socialismo morale di Aldo Capitini (1918-1948) – 2005

Alberto de Sanctis
Firenze, Centro editoriale toscano, pp. 194, euro 18,00

Anno di pubblicazione: 2005

Negli ultimi anni la figura di Aldo Capitini ha conosciuto un fiorire di studi a essa dedicati (come testimonia anche la bibliografia contenuta nel volume qui recensito), probabilmente soprattutto grazie allo sviluppo, dopo il 1989, di movimenti pacifisti di nuovo tipo, meno influenzati dalle ideologie, nei cui confronti il pensiero di Capitini poteva indubbiamente esercitare un certo fascino. La ricerca di Alberto de Sanctis, pur essendo volta a scoprire, in massima parte, le radici filosofiche del pensiero di Capitini, può però essere utile anche allo storico per comprendere alcuni passaggi della sua formazione politica e del suo pensiero, attraverso l’esperienza della prima guerra mondiale e del fascismo, la lettura di Leopardi, Boine, Michelstaedter, gli studi di filosofia alla Normale (nell’incontro e nello scontro con Gentile), la ricerca, dopo il Concordato, di una nuova forma di religiosità, incentrata sul principio della non violenza. Un pensiero non autoritario, quindi, che doveva trovare sbocco nella costruzione di un ?socialismo morale?, in grado di contemperare le esigenze dell’individuo e quelle della collettività, attraverso ?il controllo dal basso, uno spirito di rivoluzione permanente nell’ambito del metodo democratico, una rivoluzione religiosa [?] in grado di promuovere, a livello internazionale, il metodo non violento? (p. 113). Capitini fondò quindi con Guido Calogero, nel 1936-37, il movimento liberalsocialista, senza però aderire al Partito d’azione (verso il quale fu anzi molto critico, per il mancato radicamento nelle masse), preferendo invece costituire i Centri di orientamento sociale (COS), che immaginava come continuazione dei CLN, ?prima manifestazione di compresenza di forze etico-politiche?, sulla base della lezione di San Francesco, Mazzini e Matteotti (p. 141-42), finendo per aderire, nel ’48, al Fronte popolare, immaginando di poterlo in qualche modo influenzare. Lascia quindi perplessi, proprio alla luce delle citazioni dello stesso pensatore umbro riportate nel volume, l’immagine che de Sanctis cerca di accreditare, quella cioè di un Capitini politico e realista al tempo stesso in quanto ?conscio delle carenze della politica? (p. 11). Un’immagine che, nel corso della narrazione, lo stesso autore definisce meglio, riconoscendo che la prospettiva di Capitini era ?prepolitica e postpolitica? (p. 147), il che, peraltro, non deve intendersi come una deminutio del valore della sua opera e della sua azione ma, piuttosto, un riportarla nel suo ambito, quello (a cui teneva molto lo stesso Capitini) di ?lievito’ di una nuova politica e di una nuova società.

Giovanni Scirocco