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Il Risorgimento italiano – 2004

Alberto Mario Banti
Roma-Bari, Laterza, pp. XI-248, euro 16,00

Anno di pubblicazione: 2004

?Non una storia dell’Italia nel Risorgimento, dunque, ma una storia del Risorgimento come movimento politico-culturale centrale nella vicenda dell’Italia contemporanea? (p. VIII). È questo l’assunto principale del libro, che in 118 pagine ripercorre il processo di formazione e sviluppo del movimento nazionale dalle origini ? nei dibattiti sul concetto di nazione e di Stato che si svolsero durante il Triennio repubblicano ? fino alla proclamazione del Regno d’Italia. Un capitolo sulle eredità del Risorgimento, una parte su storiografia, luoghi della ricerca e fonti, una bibliografia essenziale, un’ampia appendice documentaria e alcune carte geopolitiche completano il lavoro, che presenta una chiara vocazione didattica anche per le dimensioni finali, calibrate sulle esigenze della modulistica universitaria.
L’impianto cronachistico e l’agile scrittura, coerenti con gli scopi editoriali, sono arricchiti da alcuni innesti che costituiscono altrettante aperture sul dibattito storiografico degli ultimi anni. Abbiamo così riflessioni sulle implicazioni religiose della propaganda risorgimentale e sulla ?fondazione dell’ideologia nazionale come religione politica dell’epoca contemporanea? (p. 43), sulle forme organizzative e lessicali dell’attività politica, sul dibattito costituzionale, sulle manifestazioni pubbliche, le feste politiche, i riti collettivi, sul ruolo simbolico e personale delle donne, sul volontariato militare.
Non trovano spazio, invece, gli studi sulle classi sociali ? che pure fanno parte, com’è noto, dell’attività di ricerca di Banti ? né quelli relativi alla storia economica dell’Ottocento italiano poiché, come spiega l’autore rifacendosi a una tesi di Luciano Cafagna, non furono ?tanto gli interessi economici per un grande mercato interno a promuovere il movimento nazionale, quanto il movimento nazionale a sollecitare quegli stessi interessi in quella direzione? (p. VII). È un giudizio già espresso in La nazione del Risorgimento, dove però Banti l’aveva motivato dimostrando che l’interscambio tra gli Stati preunitari aveva dimensioni minori rispetto ai flussi commerciali con l’estero. Qui invece la questione viene presentata come definitivamente risolta, il che carica di una forma apodittica la scelta di concentrare il fuoco del libro sul discorso politico-culturale. Ma davvero l’elaborazione del mito della nazione italiana tra il 1815 e il 1847 da parte di letterati e poeti può bastare per spiegare il successo di chi si opponeva allo status quo della Restaurazione? O piuttosto gli uni e gli altri erano l’espressione su piani diversi di un più generale disagio verso l’assolutismo austriacante e temporalista, le cui ingerenze e inefficienze pesavano sempre più a quei ceti medi che guardavano verso la Francia e l’Inghilterra?
Il problema è insomma quello classico del rapporto tra ricerca e insegnamento: non sempre, a mio avviso, quelle che sono importanti e innovative ipotesi di lavoro possono essere utilizzate senza cautele nella manualistica senza affiancarle con altri strumenti didattici che permettano di correggere una certa unilateralità del discorso che è quasi inevitabile nella costruzione di una tesi scientifica.

Silvano Montaldo