Cerca

Aldo Ferrari – Breve storia del Caucaso – 2007

Aldo Ferrari
Roma, Carocci, 152 pp., Euro 14,00

Anno di pubblicazione: 2007

Il prolifico Ferrari, uno dei più importanti rappresentanti degli studi caucasologici nel nostro paese, ci ha già fornito corposi lavori di storia armena (Alla frontiera dell’impero. Gli armeni nell’impero russo 1801-1917, Mimesis, 2000), nonché l’affascinante affresco dell’idea eurasista degli ultimi due secoli (La foresta e la steppa. Il mito dell’Eurasia nella cultura russa, Scheiwiller, 2003). Questa Breve storia appartiene invece alla produzione divulgativa dell’a. (che comprende anche Il Caucaso. Popoli e conflitti di una frontiera europea, Edizioni Lavoro, 2005, più centrato sulle evoluzioni politiche post-sovietiche, delle quali peraltro si dà conto nel capitolo finale dell’opera qui recensita) e raggiunge pienamente l’obiettivo di fornire un’introduzione accessibile al non specialista della storia caucasica dall’antichità ad oggi. Come spiega l’a., la catena caucasica è stata per secoli lo spartiacque «poroso» tra le civiltà urbano-agricole del Vicino Oriente e le società nomadi-pastorali delle steppe eurasiatiche a Nord. La dorsale montuosa è servita inoltre come frangiflutti di popoli, accogliendo e isolando nelle sue valli impervie comunità sospinte dall’urto di migrazioni ed espansioni di imperi fino a creare la «montagna delle lingue» – come fu chiamata dai geografi arabi. La regione tra il mar Caspio e il mar Nero divenne poi la cerniera culturale e geografica tra società e Stati a maggioranza islamica e popolazioni di antichissima cristianità come armeni e georgiani, la cui continuità identitaria nei secoli l’a. difende da studiosi il cui «ipercriticismo talvolta irritante» (p. 13) sottovaluta la «continuità di tradizione e autopercezione» (p. 13). Dal XVI secolo in poi le entità politiche caucasiche si ritrovarono sempre più incuneate tra gli Imperi degli Ottomani, dei Safavidi in Persia e dei Romanov. Quest’ultimo, emerso come lo Stato più forte, unificò politicamente nel XIX secolo la regione per la prima volta nella storia. È inevitabile che l’area e il periodo di specializzazione di Ferrari – le popolazioni cristiane del Caucaso in epoca zarista – sbilancino un po’ la trattazione a danno della storia nord caucasica e musulmana (non ci sono ad esempio riferimenti agli innovativi studi di Vladimir Bobrovnikov, a cavallo tra storia, islamologia e antropologia del Caucaso del Nord, o alla poderosa opera di Jörg Baberowski sui musulmani azeri). Il libro rimane in ogni caso all’interno del paradigma storia degli Imperi/storia dei popoli. L’a. certo mette in evidenza come per molti di costoro la regione caucasica fosse solo uno dei teatri della propria vicenda culturale, religiosa e politica (il caso emblematico sono gli armeni, concentrati soprattutto in Anatolia fino allo sterminio del 1915). Restano però inespressi gli innumerevoli fili che univano le popolazioni dei vari Imperi: legami economici, culturali e politici nell’andirivieni tra le due sponde del mar Nero di ebrei, armeni, greci, musulmani. La storia delle reti, biografiche e di scambio, come agenda di ricerca che superi le narrazioni in cui Stati ed etnonimi sono i protagonisti dell’analisi storiografica? È sperabile ed è una via in parte già esplorata, ma non è a brevi opere di sintesi che si chiedono sguardi innovativi.

Niccolò Pianciola