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Aldo Mazzacane (a cura di) – Diritto, economia e istituzioni nell’Italia fascista – 2002

Aldo Mazzacane (a cura di)
Baden-Baden, Nomos, pp. VIII-338, euro 52,00

Anno di pubblicazione: 2002

Fa piacere collocare nella propria biblioteca questo volume. Non solo per la sua solida legatura Nomos, ma perché è certo che vi si ricorrerà spesso: per un aggiornamento bibliografico non meno che per una immersione o una ricognizione in qualcuna fra le tematiche più interessanti connesse alla storia del regime fascista.
Però il libro non si lascia riporre prima di averci fatto la sua importante ambasciata: che sul versante della storia giuridica, istituzionale ed economica, la ricerca sul fascismo ha ancora molto da intraprendere e da insegnare. E che essa può farlo seguendo curiosità e prospettive nuove.
Non si tratta di abbandonarsi a mossette o strizzate d’occhio revisionistiche: lo chiarisce subito il curatore (anche se sopravvaluta ? credo ? il peso che oggi hanno ?le stesse inclinazioni autoritarie e la stessa mentalità intollerante e corporativa di allora?). Si tratta, a visione etica e valoriale invariata, di correggere alcune impostazioni. Per esempio, quella che pretende di distinguere, troppo nettamente e perentoriamente, nel sapere giuspubblicistico dell’età mussoliniana, la ?scienza?, coerentemente riprodotta nella filiera delle ?scuole?, e la ?retorica?, sorta di residuo paretiano, precipitato delle ideologie del regime. I commerci, i prestiti, le sovrapposizioni tra le due dimensioni sono importanti e vanno indagati e compresi ? dice efficacemente Mazzacane.
Al saggio d’apertura ne seguono altri undici ? difficile parlare di tutti. Melis, con l’aria di redigere un rassegna, riprende tesi importanti (la relativa impermeabilità al fascismo sia del pensiero giuridico “alto”, sia della burocrazia ministeriale). Cardini e Zagari interpellano la cultura e la teoria economica; il primo, in particolare, rivisitando quel mondo di ?giuristi-economisti’, emblematizzato da Rocco, che fu espressione di una “economia” fatta “nazione” e “Stato”. Staff parla di Costamagna, Mortati e Panunzio con l’intento di attenuare le distanze tra essi segnalate da quella letteratura che, anche quando recente, la studiosa qualifica, con simpatica stravaganza, come ?post-fascista? (pp. 81, 87, 88, 123). Seguono Belli e Santoro, che discutono argomentatamene l’esistenza di una strategia coerente e distintiva, da parte del fascismo, nel governo dell’economia; Bersani, che ripropone la questione, veramente cruciale dello sviluppo degli enti pubblici durante il ventennio; Somma, che dal confronto con l’omologo modello nazionalsocialista, trae la nozione di un diritto dei contratti ?fascista malgré soi?. Mazzetti ricostruisce il contributo dato dagli ebrei italiani alla formazione della legge del 1930 sulle comunità israelitica. La sostanza della vicenda non era ignota, ma è stata spesso ignorata, mentre viene ora arricchita da notizie e documentazioni (soprattutto relative alla figura-chiave di Falco).
Il saggio di Nuzzo sulla concessione di Tien Tsin è così stimolante e elegante da farsi perdonare di lasciarci a bocca asciutta a proposito di quello che succede, non nella dottrina (di cui ci informa), ma nel settlement, dopo il 1924. Concludono il volume due contributi a diverso titolo strumentali: quello di Tosatti, sulle ?fonti dell’Archivio centrale dello Stato per la storia del fascismo?, e quello di Mezzadra e Ricciardi: un’utile bibliografia imperniata sul binomio “diritto ed economia”.

Fabio Rugge