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Aldo Pardi – Il sintomo e la rivoluzione. Georges Politzer crocevia tra due epoche – 2007

Aldo Pardi
Roma, manifestolibri, 206 pp., Euro 22,00

Anno di pubblicazione: 2007

Non sempre all’acutezza del pensiero di un autore corrisponde una tradizione critica adeguata. È il caso di Georges Politzer. Sebbene il suo nome venga comunemente associato a quella straordinaria stagione culturale che attraversò la Francia tra le due guerre mondiali, Aldo Pardi è uno dei primi studiosi ad affrontarne la produzione teorica, ripercorrendone le strette relazioni con un percorso biografico intenso, radicale, drammaticamente breve e indagandone con sistematicità il filone di maggiore originalità: le ricerche in ambito psicologico.1903-1942: la data della nascita, all’estremo confine settentrionale dello Stato ungherese, e quella della morte a Mont-Valérien, dove venne fucilato in quanto membro della Resistenza francese. Nel mezzo, l’esilio, il trasferimento a Parigi, la formazione filosofica e la partecipazione al fermento intellettuale della capitale: il surrealismo, la fondazione della rivista «Philosophies», la scoperta della psicoanalisi, la conversione al marxismo e la scelta dell’impegno nel Partito comunista, che finì con il determinare – negli anni del Rassemblement populaire e in quelli della drôle de guerre – tanto l’attività speculativa quanto i comportamenti politici del giovane militante. «La fretta, la perentorietà». Questo è il contesto entro cui presero vita le differenti tappe in cui è invalso l’uso di articolare il tentativo polizteriano di fare della psicologia una scienza del concreto: l’attacco all’approccio metafisico di Bergson; l’avvicinamento a Freud, in virtù della svolta impressa alla nozione di «soggetto» da un modello fondato «sulla unicità e storicità del sistema psichico» (p. 107); la presa di distanza dalla psicologia classica, in nome di una concezione drammatica del vissuto tesa al superamento delle strettoie funzionali del metodo analitico e alla ridefinizione dell’oggetto stesso della conoscenza psicologica, indirizzandola verso le «forme complesse della vita del soggetto agente e storicamente situato» (p. 167). Non è questa la sede per addentrarsi nelle rigorose analisi infra ed extratestuali proposte nel volume; né per rendere conto della complessità e della portata epistemologica dei procedimenti argomentativi in esso esaminati. È forse utile, tuttavia, evocare l’ipotesi cui Pardi giunge a conclusione della sua indagine: Georges Politzer «scopritore della intenzionalità come categoria definitoria della soggettività psicologica, al pari di quel movimento di forte innovazione nelle scienze in generale, e nella psicologia in particolare, che prende il nome di fenomenologia» (p. 17). Politzer e Husserl: un accostamento atto a rilanciare l’attualità del pensatore ungherese e a suggerire possibili ricerche future sui molteplici canali di circolazione, nell’Europa entre-deux-guerres, di una cultura dell’intenzionalità che avrebbe marcato in profondità sia l’evoluzione della psicologia e della psichiatria sia le teorie degli intellettuali marxisti, esistenzialisti e strutturalisti francesi in primis.

Maddalena Carli