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Alessandra Cantagalli – Avvocati, banche e imprese 1890-1940 – 2010

Alessandra Cantagalli
Bologna, il Mulino, 274 pp., Euro 23,00

Anno di pubblicazione: 2010

Il volume ricostruisce la posizione dell’avvocato di impresa nel periodo della prima industrializzazione italiana e nella difficile temperie economica degli anni ’30, che richiese grandi riorganizzazioni nella gestione delle grandi imprese del capitalismo italiano.All’inizio gli avvocati sono consulenti esterni, ben pagati, una piccola élite presente nelle vicende cruciali della crescita del capitalismo nazionale. Dopo la guerra è possibile seguire l’incerta e faticosa affermazione, prima nelle grandi banche miste (Comit, Banco di Roma e Credit) e poi in alcune aziende private (Pirelli e Ansaldo) degli uffici legali che, con non poche incertezze, tendono a internalizzare gran parte del lavoro di consulenza e assistenza giuridica prima delegato all’esterno. Solo alla fine del periodo considerato la dirigenza delle grandi banche prende coscienza che l’ufficio legale di una grande azienda, proprio per la mole di informazioni vagliate quotidianamente – dal contenzioso sulle sofferenze e sui fallimenti, all’esame ed elaborazione di contratti e ai pareri sugli accordi e le grandi sistemazioni finanziarie degli anni ’30 – è uno snodo importante nella catena decisionale e direttiva dell’istituto, tanto da avere competenza ad esprimersi sulle grandi scelte strategiche. L’a. sottolinea l’ovvio infittirsi dell’attività legale interna alle grandi aziende, legato alla crescita dimensionale delle imprese, ma inserisce alcuni interessanti spunti sull’influsso che l’economia di gestione statunitense esercita sulle aziende nazionali e sul peso e l’organizzazione degli uffici legali al loro interno.Le due tipologie principali di avvocato di impresa: il legale che si identifica nella grande azienda e il consulente esterno, eterno e prezioso riferimento per una vasta galassia di banche e aziende sono efficacemente sintetizzate nelle due brevi biografie di Camillo Giussani, legale della Comit, collaboratore strettissimo di Mattioli negli anni ’30 e dal 1945 presidente dell’istituto fino alla morte, e dell’avvocato Vittorio Rolandi Ricci, uno dei principali consulenti industriali dell’età giolittiana e degli anni ’20, tessitore dell’accordo di cartello siderurgico del 1911, in costante contatto con il direttore della Banca d’Italia Bonaldo Stringher e i principali nomi del capitalismo nazionale. Sarebbe semplicistico considerare Rolandi Ricci una figura residuale in un trend che vede l’emergere dell’avvocato di impresa come figura specializzata e tendenzialmente sempre più legata ad una azienda di riferimento, come forse l’a. sembra a tratti voler suggerire. Il grande mediatore legato a circoli d’affari e ambienti politici di governo, talvolta in conflitto d’interessi, mallevadore di importanti accordi, è una figura che la storia successiva e le vicende contemporanee non sembrano affatto aver condannato ad un ruolo di marginalità.

Alessandro Polsi