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Alessandro Cavalli (a cura di) – Insegnare la storia contemporanea in Europa – 2005

Alessandro Cavalli (a cura di)
Bologna, il Mulino, pp. 361, euro 26,50

Anno di pubblicazione: 2005

All’emporio delle identità la storia da insegnare si è tramutata in un oggetto del desiderio sfuggente e conteso: ?a tutti par che quella cosa sia, che più ciascun per sé brama e desìa?. Così nel quindicennio del dopo Muro proprio questa disciplina, più di altre, è stata al centro di dibattiti pubblici ad alto tasso di partecipazione emotiva, che hanno varcato i ristretti confini tecnico-didattici del mondo della scuola per ?approdare’ alle luci del palcoscenico politico e mediatico-culturale. L’avvertimento di una forte cesura ha reso impellente lo studio del passato più prossimo ? del ?contemporaneo? ? e insieme la ridefinizione delle modalità di trasmissione della memoria storica, tanto che in alcuni paesi ogni nuovo governo ha voluto varare i ?suoi’ programmi di storia. E tuttavia la storia materia scolastica, perduti la sua primazia e il suo legame congenito con la costruzione dell’identità nazionale, è oggi in sofferenza e rischia di essere esclusa o di vedere ridotto il suo spazio per il sovraffollamento dei curricula, o di essere disciolta in un’indistinta area degli studi sociali e culturali, o di essere il luogo delle ?rivendicazioni concorrenti delle memorie ferite? (p. 64), o di essere piegata alle identità regionaliste, o di essere strumento di polemica politica en travesti.
Una dettagliata panoramica di questa complessa situazione dell’insegnamento della storia contemporanea nella secondaria europea ce la offre il volume curato da Alessandro Cavalli, i cui lavori sono da tempo imprescindibili per chi intenda decifrare la scuola attuale. La ricerca, esplorativa e comparativa, è aggiornata al 2002; dopo la lucida introduzione del curatore, ci vengono presentati sei casi nazionali (Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Spagna e Ungheria), analizzati secondo una griglia comune (sistemi scolastici, scelte politiche, dibattiti, caratteristiche degli insegnanti, curricula, manuali, spazi riservati alla storia contemporanea e alla storia europea, nodi problematici controversi, ecc.). In realtà i sei saggi di vari autori sono differenti per ampiezza (vanno dalle trenta alle ottanta pagine), per risultati raggiunti (da notare gli articoli su Francia, Germania e Spagna) e riguardano l’Europa occidentale (con due aperture sull’Est: Ungheria ed ex DDR). Si discute più della storia da insegnare (riforme, programmi, libri di testo), che delle reali pratiche didattiche, anche se emerge con chiarezza la contrapposizione tra un modello tradizionale di insegnamento (cronologico, politico-evenemenziale e narrativo) e altre metodologie centrate sull’uso delle fonti e sull’acquisizione da parte dello studente di competenze critiche.
Un intervento esteso, e abbondante di citazioni e di note, si occupa del caso italiano: qui la storia contemporanea ha avuto un ruolo limitato e tardivo (il decreto Berlinguer è del 1996). Di fronte a un deficit di scelte politiche e all’asprezza delle polemiche politico-storiografiche, una parte degli insegnanti ha preferito la ?strategia del silenzio? (p. 221), mentre altri docenti hanno affrontato le problematiche con metodi didattici rinnovati e centrati sull’apprendimento degli studenti.

Giuseppe Bosco