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Alessandro Santoni – Il Pci e i giorni del Cile. Alle origini di un mito politico, – 2008

Alessandro Santoni
Roma, Carocci, 223 pp., euro 18,50

Anno di pubblicazione: 2008

Negli ultimi anni le ricerche dedicate alla questione cilena hanno riportato alla luce documenti sconosciuti e contribuito a storicizzare un dibattito di per sé tradizionalmente polarizzato. Anche da noi sono usciti nuovi studi sulla stagione di Unidad Popular: opere memorialistiche, testi divulgativi e alcune ricerche storiche, incentrate perlopiù sulle relazioni italo-cilene. Dopo i lavori di Mulas sul rapporto Allende-Berlinguer e gli articoli di Nocera sulla Dc italiana ed il Pdc, ecco questo libro dedicato al Pci che sposta l’analisi sulla questione della costruzione di un mito politico. Si legge a p. 197: «Quella cilena, causa antiautoritaria per eccellenza, simbolo ad hoc del connubio tra socialismo e democrazia, si presentava come un richiamo perfettamente funzionale alle linee direttive della politica interna di Berlinguer. Non solo per il compromesso storico e per le offerte di collaborazione tra i partiti di un originario fronte antifascista, ma anche per il tentativo di allargare l’area del consenso diretto allo stesso partito oltre quella che era stata la sua base storica, verso i giovani – già avvezzi a guardare con simpatia al continente latinoamericano – e verso i ceti medi…». Questa dunque la tesi di fondo che Santoni costruisce passo a passo, partendo dai sommovimenti postcubani che scossero gli equilibri politici cileni nei primi anni ’60 fino al tragico epilogo dell’11 settembre 1973. Un primo dato che colpisce è la gradualità con cui la questione cilena entrò a far parte dell’immaginario italiano, intrecciandosi alle spinte e agli impulsi terzomondisti ma anche come specchio esterno di un quadro politico nazionale che andava facendosi sempre più fragile. L’orizzonte interpretativo dei fatti cileni oscillava dunque costantemente tra una prospettiva nazionale ed una internazionalista. Per quanto concerne il dibattito interno al Pci, spiccano alcuni protagonisti come Sandri e Pajetta ma colpiscono soprattutto le pagine dedicate al tema, mutevole nel tempo, della «lezione cilena» da metabolizzare in prospettiva interna. Interessanti anche le parti dedicate alle triangolazioni Santiago-Roma-Mosca, alle critiche del gruppo de «il manifesto» alla politica latinoamericana del Pci e alle relazioni tra Botteghe Oscure ed i democristiani cileni dissidenti rispetto alla linea Frey (Tomic e Leighton in primis). La ricerca apre riflessioni originali sulla rilettura della «rivoluzione nella libertà», sulla mobilità dei miti politici ma anche su paure e speranze che si intrecciavano a strategie e scelte del partito. Un limite del libro sta forse nella prospettiva eccessivamente intrapartitica e in un’analisi della relazione con la Dc che lascia troppo sullo sfondo un altro attore cruciale: la Santa Sede (non si cita ad esempio l’Operación verdad ed il tentativo di Up di sondare La Pira, non tanto in prospettiva democristiana, quanto vaticana). Il gioco di specchi costruito da Santoni è comunque vivo e speriamo si possa arricchire in futuro di altri capitoli, a cominciare da quello relativo alla sorte degli esuli cileni nell’Italia degli anni ’70.

Massimo De Giuseppe