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Alfonso Conte – Stili di vita e modelli di consumo nel Mezzogiorno tra Otto e Novecento – 2003

Alfonso Conte
Salerno, Plectica, pp. 142, euro 10,00

Anno di pubblicazione: 2003

Dal punto di vista metodologico, l’autore dichiara esplicitamente di porsi nel solco avviato dalle ricerche sulla storia del consumo di Giovanni Aliberti ed articola l’opera in tre capitoli che affrontano due diversi ambiti tematici: la ricostruzione del passaggio dalla società contadina alla società dei consumi su un piano macrostorico e l’analisi del mutamento degli stili di consumo nella borghesia meridionale (ma con un appendice al di fuori di quest’area geografica) segnata dal declino dello stile di vita della borghesia rurale di provincia e dall’emergere di una borghesia urbana orientata ai consumi. Nella prima parte del volume le fonti a cui l’autore attinge sono costituite dalla letteratura secondaria e da alcune fonti coeve, frutto di un lavoro di scavo che ha riguardato principalmente i manuali di economia domestica. Attraverso queste fonti vengono messi in luce i modelli di comportamento proposti alle famiglie, e in particolare alle donne, nel periodo fascista.
Il resto del volume è invece dedicato principalmente all’analisi dei libri contabili di un campione di quattro famiglie di proprietari terrieri in altrettanti Comuni salernitani e avellinesi. Attraverso la lettura di questi libri, Conte ricostruisce non solo la struttura dei bilanci, ma individua anche le linee guida delle strategie economiche familiari. Attraverso l’analisi dettagliata delle singole voci di spesa, l’autore documenta inoltre il cambiamento di stili di consumo con il progressivo abbandono di forme di consumo proprie della vita rurale e l’acquisizione di modalità specifiche della realtà urbana. Chiude il volume l’analisi di alcuni bilanci familiari di famiglie di ceto medio, ma non provenienti da aree meridionali. L’obiettivo di questo allargamento della prospettiva è illustrare il mutamento degli stili di consumo nei ceti medi delle aree urbane nella transizione dal fascismo. Servendosi di materiale di non sempre facile reperibilità, l’indagine fornisce diversi spunti interessanti per comprendere stili di vita e strategie familiari. Tuttavia proprio per questa ragione, non paiono sempre ben chiarite le ragioni che hanno mosso l’autore nella scelta del campione. Se la selezione di alcune famiglie nobili in un’area geografica delimitata appare comprensibile, la scelta di allargare a case studies al di fuori quest’area avrebbe forse richiesto qualche ulteriore giustificazione, in merito alla rappresentatività del campione.

Stefano Cavazza