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Alice Cati – Pellicole di ricordi. Film di famiglia e memorie private (1926-1942) – 2009

Alice Cati
Milano, Vita & Pensiero, 277 pp., euro 20,00

Anno di pubblicazione: 2009

Negli ultimi anni anche in Italia si sta sviluppando un certo interesse per i film familiari: alcuni cineasti e canali televisivi tematici, gruppi di archivisti e centri di ricerca hanno iniziato a recuperare, riscoprire e riutilizzare, ricontestualizzandoli, i film amatoriali privati, che si comincia a considerare «nuove» ed originali fonti per la storia contemporanea. In un tale contesto la ricerca di Alice Cati offre un interessante contributo di analisi e riflessione che si muove sul confine fra storia culturale, semiotica e semio-estetica: una liminalità che, pur facendo talora slittare in secondo piano gli aspetti più propriamente storici, ben si addice alla materia della ricerca il cui statuto ontologico si situa sul confine fra privato e pubblico, fra memoria individuale, familiare e collettiva.Analizzando nove collezioni di film amatoriali privati girati tra la seconda metà degli anni ’20 e i primi anni ’40 del ’900, l’a. si propone di elaborare un modello euristico generale per lo studio di quelli che considera «veri e propri documenti storici» in quanto «registrazion[i] su pellicola di sguardi privati, calati in uno spazio politico e sociale concreto» (p. 12, corsivi nel testo). Un obiettivo ambizioso la cui analisi, sostenuta da un attento esame della letteratura internazionale sul tema, muove dai due punti di partenza ben esplicitati nel titolo: da un lato le pellicole, che non sono solo il supporto tecnico ma «il luogo di manifestazione di una serie di processi che strutturano una nuova forma di memoria culturale, ovvero la memoria filmica» (p. 15). Dall’altro, il fatto che queste pellicole non siano utilizzate solo per fermare dei ricordi, ma soprattutto per formarli: «filmare i propri cari […] fu percepito sin dall’inizio come […] un’espressione memoriale in chiave moderna» (p. 57) che usava gli strumenti e le tecniche cinematografiche.Oltre a descrivere la nascita e la diffusione della cinematografia amatoriale in Italia, Cati analizza a fondo sia il modo in cui il film privato viene usato per una «messa in forma del sé», ossia per l’auto-rappresentazione dei cineamatori e del loro mondo affettivo e psicologico; sia il modo in cui vengono rappresentati gli spazi pubblici e privati, i quali, ancora una volta, esprimono la sfera affettiva e le convinzioni sociali dei cinedilettanti.L’attenzione dell’a. si concentra soprattutto sul modo in cui il film privato costruisce e tramanda una memoria individuale; meno approfondita, invece, è l’analisi del modo in cui essa possa rivelare anche le abitudini e le convinzioni sociali, un approccio forse più interessante dal punto di vista storico. Certo, non mancano osservazioni in questo senso, come quando Cati crede di vedere nelle retoriche familiari sviluppate in questi film una presa di distanza dalle retoriche del potere degli anni del fascismo; e tuttavia viene da chiedersi se lo stesso impianto analitico sviluppato dall’a. reggerebbe alla prova della diffusione di massa delle cineprese amatoriali dagli anni ’60 in avanti.È solo una delle molte domande che il volume sollecita, compiendo un primo passo lungo una strada di ricerca ancora ampiamente da esplorare.

Andrea Sangiovanni