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Alla ricerca della Terza via al Socialismo. I PC italiano e francese nella crisi del comunismo (1964-1984)

Marco Di Maggio
Napoli, ESI, 358 pp., € 30,00

Anno di pubblicazione: 2014

Scrivere di comunismo non è mai facile. Si tratta di un fenomeno carismatico e ancora vivo: se non nei fatti, certamente nella memoria collettiva e nel linguaggio pubblico. Rispetto a tutto ciò la giusta distanza storiografica costituisce una faticosa acquisizione, poco più agevole per chi, per motivi generazionali, ha solo sfiorato la parabola storica del comunismo, formandosi intellettualmente dopo la fine della Guerra fredda. È il caso di Marco Di Maggio, classe 1978, che del comunismo ha fatto il suo oggetto di studio e che con questo libro conduce a termine una ricerca iniziata ai tempi della sua tesi di dottorato.
Nella premessa l’a. si dice desideroso di superare il duello esegetico consumatosi tra ricercatori intenti a difendere il nesso tra Pci, Pcf e nazione; e quelli che hanno enfatizzato la connotazione internazionalista del comunismo e la sua scarsa compatibilità con i valori repubblicani e liberali. E mi pare riesca nell’intento. Lo fa intrecciando la storia del Pci con quella del Pcf in un disegno che si vorrebbe più d’histoire croisée che di storia comparata e in cui a dominare – per ammissione dello stesso autore (p. 17) – è il gusto vintage della storiografia politica classica, fatta di riunioni, ordini del giorno, dichiarazioni di dirigenti, strategia. Quest’approccio «vecchia scuola» eclissa le acquisizioni della storiografia politica recente, innovativa in termini metodologici (Sandro Bellassai, Julian Mischi), tematici (Vanessa Codaccioni), documentali (Elena Aga-Rossi, Victor Zaslavsky, Valerio Riva); e lascia ben poco spazio a fonti soggettive come autobiografie, memorie, corrispondenza privata. L’arco cronologico scelto dall’a. serve a mostrare come Pci e Pcf portassero avanti un processo di emancipazione dal modello sovietico reso possibile dopo la morte dei rispettivi segretari generali – Togliatti e Thorez – che all’ombra di Stalin avevano costruito le loro fortune. Nell’interpretazione di questo fenomeno, l’a. sembra oscillare tra il biasimo – Pci e Pcf rinuncerebbero alla carica antisistema in omaggio al riformismo – e l’apprezzamento per la ricerca di una «terza via al socialismo» che costituirebbe «un’esperienza del tutto originale all’interno del fenomeno comunista nel suo insieme» (p. 14).
L’approccio comparato vivacizza l’andamento descrittivo del libro, che procede con ordine e accuratezza ma senza arricchire euristicamente le acquisizioni già incamerate dall’ampia storiografia sul tema. Si tratta di un lavoro intellettualmente onesto, una buona lettura per chi cerchi una sintesi della storia recente del comunismo occidentale fuori da un’ottica strettamente nazionale ma lungo i rassicuranti binari della storia fattuale.

Roberto Colozza