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All’ombra del barocco. Noto nell’Ottocento borbonico

Concetta Sirena
Acireale-Roma, Bonanno, 276 pp., € 25,00

Anno di pubblicazione: 2013

La storia del potere locale, strettamente intrecciato con le dinamiche delle gerarchie urbane, è il filo conduttore di questo volume dedicato alle vicende di un centro urbano di medie dimensioni nel Sud-est siciliano, Noto, lungo l’arco temporale della prima metà dell’800, con attenzione ai precedenti e alle modificazioni intervenute nel tessuto socio-economico. L’a., che pratica interessi per lo studio dei gruppi dirigenti, affronta l’argomento sulla base di una corposa ricerca documentaria, all’interno della quale nell’economia del lavoro privilegia l’analisi delle Liste degli eleggibili, da cui ricava una serie di dati quantitativi organizzati in interessanti tabelle da cui si deducono elementi anagrafici, reti parentali, professioni, redditi patrimoniali. In parallelo risultano significative, per la lettura del sistema relazionale delle élite, le mappe sui luoghi della comunicazione nei distretti di Siracusa e Noto: circoli, case di conversazione, caffè.
Il banco di prova per il notabilato sembra essere, tra nuovi assetti amministrativi, stagioni rivoluzionarie e successive normalizzazioni, quello della contesa per il riconoscimento di capoluogo che viene assegnato dalla riforma del 1816-1817 a Siracusa con una decisione che viene messa in discussione in occasione dei moti del 1837 che si diffondono con l’epidemia di colera. In tale congiuntura, le ragioni più profonde di miseria, di malessere fiscale, di carenze igienico sanitarie vengono oscurate dalla propaganda: da quella che denuncia la presenza di agitatori liberali (anche stranieri) e da quella di segno opposto contenuta in un manifesto stampato a Siracusa in cui si accusa l’autorità governativa di responsabilità diretta nella diffusione del morbo (p. 180). La conseguenza è che il ruolo di Capovalle passa nell’agosto del 1837 a Noto, mentre per Siracusa si costruisce l’immagine della città liberale sacrificata alla causa borbonica. Dopo i turbinosi anni ’30, sono le tradizionali spinte autonomistiche, insieme all’inefficacia dell’iniziativa riformatrice del governo e ai limiti della macchina burocratica, a indebolire il regime ferdinandeo. Non è perciò casuale che in un sistema in crisi, molti interessi ruotino – come accade in altre realtà provinciali – intorno alla conservazione o meno del ruolo di capoluogo. Fino al successivo rivolgimento che riaccende la disputa tra Noto e Siracusa, prima a vantaggio di quest’ultima nel 1848 e poi con il ritorno nel ’49 del riconoscimento di Capovalle a Noto (p. 211). Il caso di studio affrontato dall’a. offre in sostanza una serie di conferme ai numerosi studi di storia urbana e sociale, da cui emerge un profilo delle classi dirigenti ottocentesche con riferimento ai prerequisiti, alla formazione culturale, alla militanza politica, ai processi di mobilità. Una tematica articolata e complessa rispetto alla quale sarebbe stato opportuno – per valorizzare storiograficamente il contributo – un più attento sguardo comparativo con le altre vicende territoriali del Mezzogiorno, anche continentale.

Maria Marcella Rizzo