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Amanda Salvioni – L’invenzione di un Medioevo americano. Rappresentazioni moderne del passato coloniale in Argentina – 2003

Amanda Salvioni
Reggio Emilia, Diabasis, pp. 238, euro 12,50

Anno di pubblicazione: 2003

La riflessione su nazione e nazionalismi negli ultimi decenni ha concentrato l’attenzione sui processi di costruzione dei corredi simbolici grazie ai quali gli Stati-nazione hanno rivendicato la loro legittimità e la loro stessa esistenza. Dopo l’indipendenza, processi di tale natura si svilupparono anche nelle nuove Repubbliche ispano-americane. Nelle aree caratterizzate da una maggiore presenza di popolazioni indigene, su cui gli studi si sono in genere concentrati, un passato preispanico e coloniale più ricco e articolato è stato spesso recuperato al duplice scopo di dotare le nuove nazioni di uno spessore temporale che ne legittimasse e nobilitasse il fragile presente e di consentire il superamento delle tensioni esistenti tra le diverse componenti etniche. Afflitta da una ?doppia frustrazione, quella del materiale e quella dell’immaginario? (p. 16) l’Argentina ? cui Salvioni dedica questo suo studio, denso e stimolante ? dovette mettere in atto strategie assai più complesse per costruire una propria memoria storica nazionale. Intellettuali e politici oscillarono ?tra la creazione di un mito bianco della conquista, la spudorata finzione d’improbabili e remote ascendenze incaiche, l’invenzione di un Medioevo coloniale da anteporre a quella di una smagliante modernità? (p. 11). Il periodo coloniale, percepito come ?proprio? e al tempo stesso come radicalmente ?altro?, venne infine assunto come fase inaugurale della storia nazionale. L’autrice mostra come, grazie al ricorso a una molteplicità di strumenti e di registri (dall’archivio alla storiografia, dalla narrativa alla critica letteraria) nel corso dell’800 il passato coloniale venne interpretato utilizzando categorie e immagini convenzionalmente attribuite al Medioevo europeo, proposto ora come età di tenebre e oscurantismo, ora come età eroica e cavalleresca, ora infine come ?magma primigenio da cui nascono e si differenziano le nazioni? (p. 12). Nel periodo compreso tra la fine dell’800 e i primi tre decenni del ?900 (cui è dedicata la seconda parte del libro) l’eterogeneo flusso immigratorio e la minaccia rappresentata dal predominio dell’America anglofona riproposero il problema della definizione della nazione con accenti nuovi, a riprova della natura circostanziale, mai univoca e definitiva, dei processi di creazione dei miti della nazionalità. L’elaborazione concettuale scivolò allora ?dal patriottismo al nazionalismo [?], dalla definizione di un’appartenenza a quella di un’identità? (p. 147). Il pericolo della disgregazione del paese ad opera di un cosmopolitismo, che cominciava ad essere percepito come un pericolo dalle nuove forze conservatrici, rese urgente la costruzione di una memoria nazionale in cui il passato ispanico assumesse una maggiore centralità. Si assistette così alla riconciliazione storica con la Spagna e quindi all’elaborazione di un’idea di ?argentinità?, patrimonio spirituale irrimediabilmente anteriore all’arrivo degli immigrati, ai quali rimaneva precluso, anche nel momento in cui venivano ammessi a godere della nazionalità argentina.

Gabriella Chiaramonti