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Amedeo Osti Guerrazzi – Poliziotti. I direttori dei campi di concentramento italiani 1940-1943 – 2004

Amedeo Osti Guerrazzi
Roma, Cooper, pp. 173, euro 14,00

Anno di pubblicazione: 2004

Il volume si inserisce nel filone degli studi sull’internamento in Italia durante la seconda guerra mondiale. L’autore ha studiato i fascicoli personali di 36 direttori di campi di concentramento gestiti dal Ministero dell’Interno, che in tutto furono una cinquantina.
Nella corposa e articolata introduzione Osti Guerrazzi illustra la ricca letteratura sull’internamento e si dedica ad un’analisi complessiva delle carriere, prima di presentarne un campione nella seconda parte del libro. Le biografie di tredici direttori sono intitolate non con il cognome del protagonista, omesso, ma con un epiteto. Si susseguono così Il giocatore, La camicia nera, Il nipote del vescovo, fino a Lo specialista dei campi. Tali appellativi, inevitabilmente riduttivi, rendono la varietà e il fascino delle vite ricostruite nell’opera. Suscita però qualche perplessità la scelta di definire L’antifascista il direttore del campo di Chieti, che continuò a lavorare per la Questura sotto la RSI, pur collaborando con la Resistenza nel 1944.
La direzione di un campo non era un ruolo ambìto perché era difficile mettersi in luce e quindi avvantaggiarsi nella carriera; inoltre i campi sorgevano in località lontane dai grandi centri e spesso in zone disagiate. Si trattava insomma di ?una forma di esilio o di punizione per poliziotti ritenuti scadenti e inaffidabili dalla Direzione generale? (p. 29). I direttori erano per la maggior parte elementi mediocri, con carriere pregiudicate da qualche precedente errore; erano pochi gli elementi capaci, che venivano destinati ai campi perché privi di appoggi politici e di raccomandazioni. L’ambiente di origine era la piccola borghesia meridionale: su 36 ben 29 erano nati nel Sud, mentre i più ?settentrionali? erano due toscani. Tutti diplomati, sedici anche laureati, trovavano nell’impiego presso la Pubblica Sicurezza un posto di lavoro certo che permetteva loro di raggiungere uno status sociale di prestigio. I fascicoli personali non forniscono particolari sull’operato di questi funzionari nei campi (gli unici cenni si trovano in caso di gravi mancanze), ma permettono di ricostruire le loro scelte dopo l’8 settembre. ?I convinti, i fascisti consapevoli e irriducibili furono una sparuta minoranza [?]. Molti scelsero altre strade, [?] preferirono nascondersi in attesa degli eventi, [?] altri ancora scapparono al Sud o [?] furono costretti a giurare fedeltà alla RSI? (p. 45). Alcuni di questi ultimi, come il caso sopracitato, aiutarono i partigiani, gli ebrei e i renitenti a sottrarsi ai nazifascisti e così ?riuscirono a riscattare una vita per altri versi sprecata con gesti di vero e proprio eroismo? (p. 44).

Gian Luigi Gatti