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Amedeo Quondam, Gino Rizzo (a cura di) – L’identità nazionale. Miti e paradigmi storiografici ottocenteschi – 2005

Amedeo Quondam, Gino Rizzo (a cura di)
Roma, Bulzoni, pp. XIX-288, euro 20,00

Anno di pubblicazione: 2005

Apparso nella collana ?Europa delle Corti?, il volume raccoglie gli atti di un convegno tenutosi a Cavallino di Lecce nell’ottobre 2003 alla cui definizione e organizzazione hanno contribuito in maniera significativa due studiosi, Cesare Mozzarelli e Gino Rizzo, prematuramente scomparsi. I 17 saggi di cui il libro si compone affrontano un ventaglio amplissimo di temi e questioni. I miti e i paradigmi sui quali si fonda l’identità nazionale nel corso dell’800 sono individuati nella civiltà letteraria e nella cultura artistica, musicale, filosofica, e più in particolare nel dibattito sull’appartenenza di Omero e delle sue opere alla cultura italiana (A. Andreoni), nell’antispagnolismo (A. Musi), nella permanenza di forti identità subnazionali (A. Spagnoletti), in autori come Paolo Sarpi (P. Guaragnanella), in testi come quelli di Calepio, Baretti e Gioia (I. Botteri), nelle riviste e nelle società storiche lombarde e torinesi (M. Bocci), nei caratteri della cultura scientifica e della tradizione filosofica da Vico a Cattaneo (A. Quarta), nella musica (P. Besutti), nel classicismo (R. Ruggiero), nel rapporto con il territorio e la geografia incarnato dal Touring Club (D. Bardelli), nella pittura (L. Galante), nella danza (L. Tozzi), nell’esposizione milanese del 1881 (G. Rizzo), passando per la cultura giuridica di un Sigismondo Catromediano (G. Vallone e F. D’Astore) e per il dialetto di De Dominicis (D. Valli), ma soprattutto per l’impegno civile di élites intenzionate a ?fare gli italiani?, a modernizzarli (C. Mozzarelli).
I fili rossi che legano i vari contributi si trovano nel densissimo saggio di Quondam che li precede e che costituisce, più che un’introduzione, un bilancio degli studi, e soprattutto un’agenda ricca di suggestioni e spunti per nuove ricerche. Quondam insiste sull’importanza dell’800 come momento fondamentale di svolta e soprattutto di degenerazione dei processi identitari e sulla centralità di questo secolo anche per il caso italiano. È in questa lunga congiuntura infatti che ?il mito […] dei caratteri originari e distintivi dell’Italia delle cento città e dei mille municipi, fieri e gelosi delle proprie peculiari particolarità?, si arricchisce di nuovi connotati, si trasforma e va ad alimentare ?il patrimonio genetico di un intero popolo che si fa nazione unita e Stato centralizzato? (p. IV). Come emerge da questa introduzione, questa costruzione è faticosa e segue percorsi contorti alla ricerca di ?un metapatrimonio (di una metapatria) in grado di risemantizzare (e non rimpiazzare) le microidentità (le micropatrie) delle tante microtradizioni municipali? (p. VI). L’identità nazionale che queste pagine ricostruiscono è ?singolare e plurale? al tempo stesso, si nutre della costante ?polarizzazione tra ?decadenza’ e ?risorgimento’? (p. V), produce due canoni ? uno ?unitario e condiviso? e l’altro ?negativo e vergognoso? ? e forse, sembra suggerire Quondam, non è in grado di dar luogo a una memoria condivisa. Il suo studio tuttavia, può rappresentare un modo per fare i conti con ?la genealogia ottocentesca delle nazioni? e con ?il processo di costituzione del loro paradigmatico impianto ideologico? (p. VIII).

Gia Caglioti