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Andrea Duranti – Il rosso e il nero e la rivoluzione della modernità. Breve storia del pensiero iraniano contemporaneo – 2007

Andrea Duranti
Roma, Aracne, 327 pp., Euro 18,00

Anno di pubblicazione: 2007

Il volume di Andrea Duranti, dottorando in Storia e relazioni internazionali dell’Asia e dell’Africa presso l’Università di Cagliari, fa la sua comparsa in un momento in cui gli studi sulla storia e sulla politica contemporanea dell’Iran, nonostante l’importanza dell’argomento, ancora scarseggiano. Il libro è apprezzabile innanzitutto per la sua tempestività e per il tentativo di ripercorrere il pensiero iraniano, politico ma non solo, dalla rivoluzione costituzionale, all’inizio del ‘900, fino ai giorni nostri. L’a. si muove all’interno di un arco temporale denso di avvenimenti riuscendo a dare una panoramica utile ed esaustiva della storia del pensiero, senza però limitarsi alla politica: molto lodevole è infatti l’attenzione al campo letterario ed editoriale, con un’accortezza particolare alla letteratura femminile.In quest’opera, di impianto narrativo sostanzialmente cronologico, Duranti affronta anche eventi e periodi storici controversi, che sono tuttora oggetto di una disputa storiografica aperta e vivace. Tuttavia Duranti non ne dà indicazione, né chiarisce la propria collocazione all’interno di tale dibattito. Allo stesso tempo, la tendenza a riprodurre brani ampi di un numero piuttosto ristretto di monografie esistenti, sia di carattere giornalistico che scientifico, pare andare a scapito dell’utilizzo critico della storiografia, e forse rivela anche una conoscenza limitata degli studi già compiuti. Inoltre, si osserva l’uso preminente di fonti di tipo secondario anche dove, come per esempio nella presentazione del pensiero del filosofo Soroush (p. 205-54), non sarebbe difficile accedere a fonti dirette, anche tradotte in inglese.La parte conclusiva del volume, che arriva fino all’elezione di Ahmadinejad (2005) e che è dedicata alle Débâcles nell’Iran post-rivoluzionario (pp. 255 e ss.), è quella più debole: data la contemporaneità del periodo preso in esame, e l’incertezza che caratterizza anche la storiografia più autorevole, questa sezione si basa su un numero ancora più ristretto di monografie, non tutte di carattere scientifico, di cui sono riportati passaggi piuttosto lunghi. Questa scelta ignora, ancora una volta, il dibattito che contrappone oggi gli studiosi sui temi della legittimità del regime e sugli sviluppi futuri della politica iraniana.Accanto a queste debolezze di impianto, si riscontrano anche delle imprecisioni minori: l’inesatta definizione delle funzioni costituzionali del Consiglio degli esperti (p. 169-70) e della linea politica del Tahkim-e Vahdat (p. 181), che pare ignorare le trasformazioni ideologiche subite da questo gruppo a partire dal 1979; l’uso disinvolto dei termini «fondamentalisti» ed «integralisti», usati dall’a. come fossero sinonimi, e del termine «modernità».Ciò nonostante, il volume è un buon indicatore dell’interesse che questo argomento comincia a suscitare anche in Italia e, soprattutto, può contribuire a stimolare un dibattito sulle prospettive di questo settore di studi.

Paola Rivetti