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Andrea Ragusa – Il gruppo dirigente comunista tra sviluppo e democrazia. 1956-1964. Tre capitoli sul centrosinistra: dalle carte della Direzione del PCI – 2004

Andrea Ragusa
Manduria (Ta), Lacaita, pp. 160, euro 18,00

Anno di pubblicazione: 2004

Andrea Ragusa si dedica da tempo allo studio della storia dei partiti politici e delle loro culture, con particolare attenzione alle vicende dell’azionismo e del PCI. Dopo I comunisti e la società italiana. Innovazione e declino di una cultura politica (2003), ha dedicato questi ?tre capitoli? all’atteggiamento del Partito Comunista italiano nei confronti dei problemi posti dal miracolo economico e dalla nascita del centrosinistra. I documenti proposti (che spesso, a dir la verità, avrebbero avuto bisogno di essere analizzati con una maggiore profondità, anche attraverso il ricorso ad un più puntuale esame del contemporaneo dibattito nel resto del mondo politico e culturale italiano) ci restituiscono un’immagine non completamente monolitica del gruppo dirigente comunista, all’interno del quale, ad esempio, il confronto tra le posizioni di Amendola e quelle di Ingrao sembra iniziare negli anni 1959-60. Emerge, allo stesso tempo, un ritardo nel dare risposta a quella esigenza di governabilità del cambiamento che le trasformazioni sociali in atto richiedevano, con le quali pure si erano dovuti confrontare l’SPD in Germania e i laburisti in Inghilterra. Senza nascondere le responsabilità, nel fallimento del tentativo di modernizzazione della società italiana, di una ?borghesia disomogenea e spaventata dal pericolo che interessi consolidati potessero in qualche modo venir lesi? e quindi incapace ?di un’acquisizione piena del proprio ruolo dirigente? (p. 11), la contraddizione maggiore è identificata tra l’accelerazione che quel tentativo imponeva e l’elaborazione della strategia dello stesso PCI. In ogni caso, l’obiettivo politico del PCI divenne quello delle ?riforme di struttura?, presenti fin dal 1944 nell’elaborazione togliattiana, da attuare tramite l’azione di massa e la formazione di uno schieramento parlamentare di ?alternativa democratica? e di ?svolta a sinistra?, attraverso il recupero dell’unità di classe con il PSI, la ricerca del dialogo con la sinistra cattolica, la denuncia dell’anticomunismo democristiano ed il continuo richiamo al pericolo di un tentativo autoritario e gollista. Era fondamentalmente la risposta alla paura dell’isolamento, accresciuta dal percorso autonomista del PSI dal congresso di Venezia in poi. Una tattica cui però ?non corrispose una reale innovazione dei paradigmi concettuali del gruppo dirigente comunista? (p. 85), vero piombo nelle ali di una politica che doveva comunque confrontarsi con la realtà della guerra fredda, sia pure nella sua fase ?distensiva? e che si tradusse, di fatto, nella discrasia tra la disponibilità di atteggiamenti nei confronti del centrosinistra e il bisogno di mantenere alto il livello delle tensioni sociali. Un’ultima annotazione, per concludere: il dirigente socialista genovese Gaetano Barbareschi non morì nella tragedia del Vajont (p. 139), ma nella propria città.

Giovanni Scirocco