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Andrea Riccardi – Vescovi d’Italia. Storie e profili del Novecento – 2000

Andrea Riccardi
San Paolo, Cinisello Balsamo

Anno di pubblicazione: 2000

La collocazione presso una casa editrice cattolica importante, ma non particolarmente attiva nel campo della storia, di questa raccolta di studi di Andrea Riccardi, la cui notorietà e centralità come studioso di storia della chiesa e del movimento cattolico non ha bisogno di essere ricordata, potrebbe distrarre l’attenzione degli studiosi da saggi che meritano invece una attenta considerazione.
La trama del volume è ben evidenziata dal primo capitolo L’Italia “Nazione Cattolica”, dove l’autore espone la sua tesi circa il forte rapporto che esiste nel nostro paese fra i vescovi “padri della nazione” e il popolo, non solo quello credente, che dalla chiesa-istituzione si sente in molti momenti rappresentato e difeso. Il vescovo come “defensor civitatis” in un’età di transizione, talora drammatica (l’Italia nella bufera della seconda guerra mondiale e dell’immediato dopoguerra), talora semplicemente confusa (il passaggio generalizzato da società “agricola” a società “industriale” negli anni sessanta e settanta).
Riccardi non guarda al problema con l’occhio compiaciuto di certo neo-clericalismo, perché avverte sin dall’inizio che la chiesa stessa, almeno in alcuni dei suoi uomini più illuminati (come Giovan Battista Montini), ha percepito ben presto il venir meno della “nazione cattolica” come realtà sociale, pur se avverte che non di meno essa “intende restare l’anima della nazione”. A lui interessa ricostruire come un sistema di classe dirigente (la definizione è mia, non sua), si sia costruito tanto come “struttura” (la conferenza episcopale italiana ed i suoi rapporti con la Santa Sede) quanto come concorrere di personalità diverse (Elia Della Costa, Marcello Mimmi, Enrico Nicodemo, Salvatore Baldassarri, Enrico Bartoletti, Aurelio Sorrentino). Figure interessanti, che gettano luce su diversi modi di vivere il ruolo che sopra abbiamo richiamato, anche se ci sembra di dover sottolineare almeno una assenza che ci dispiace: quella del cardinal Siri, figura singolare e centrale per comprendere una certa stagione della chiesa italiana. Altre assenze, come quella di Giacomo Lercaro, potrebbero spiegarsi con la presenza di monografie corpose loro dedicate (ma anche in questo caso una visione più distaccata e “storicizzante” non sarebbe fuori luogo).
Riccardi sembra ritenere che la vicenda della chiesa italiana nel suo complesso non abbia mai dovuto confrontarsi con le sirene di una versione italiana del franchismo. Può darsi che in senso tecnico sia così (sia per la peculiarità nazionale di quell’esperimento che per la resistenza del laicato cattolico a quella prospettiva), ma la tentazione di qualche via parallela fu negli anni cinquanta piuttosto evidente. Certo la gran parte dei personaggi studiati in questo volume furono uomini avvertiti del declino del cattolicesimo per default che aveva caratterizzato il nostro paese, ma è dubbio che lo stesso potesse dirsi per la maggior parte dei loro confratelli.

Paolo Pombeni