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Andrea Sangiovanni – Tute blu. La parabola operaia nell’Italia repubblicana – 2006

Andrea Sangiovanni
Introduzione di Guido Crainz, Roma, Donzelli, XIV-305 pp., euro 24,50

Anno di pubblicazione: 2006

Il libro ricostruisce l’immagine degli operai e delle loro lotte nel trentennio che segna il compimento del processo dell’industrializzazione italiana: compimento nel duplice senso del completamento della trasformazione dell’Italia in paese industriale e della conclusione di un’età, quella industrial-fordista dell’occupazione di massa nel settore secondario, che raggiunge l’acme negli anni Settanta; l’immagine è quella prodotta sugli operai dalla produzione artistica, letteraria, filmica, fotografica, storica, sociologica, giornalistica e mediatica, messa a confronto con la memorialistica e le testimonianze degli operai stessi. Ne esce un quadro sfaccettato che rilegge i principali eventi della cronaca di trent’anni di conflitto industriale attraverso le interpretazioni coeve, facendo rivivere il dibattito nella sua vivacità e immediatezza polemica. La narrazione si dipana a partire dagli ultimi sussulti delle mobilitazioni operaie dell’immediato dopoguerra, destinati a spegnersi nella repressione fomentata dalla guerra fredda. Ai duri anni Cinquanta segue il culmine del boom, che ridisegna i rapporti di forza in un mercato del lavoro non più squilibrato a favore della domanda e che produce, nel corso degli anni Sessanta, una crescente sensibilità e consapevolezza dei sacrifici imposti agli operai, che sopportano il peso del miracolo economico. Sotto questa angolazione, ed è una delle letture più interessanti suggerite dal volume, l’autunno caldo del 1969 ha le sue radici in poco meno di un decennio di riflessioni critiche sui limiti, i costi, gli squilibri e le contraddizioni dello sviluppo. Gli anni della conflittualità spontanea e diffusa, in cui gli operai conquistano il primo piano della centralità sociale e politica, appaiono limitati al sessennio 1968-73, presto smorzati nella loro carica dirompente dalla crisi degli equilibri economici interni e internazionali: le immagini prodotte negli anni che separano l’alta conflittualità dall’autunno gelato del 1980 si fanno mosse, riflettono contraddizioni e incertezze ideologiche, fino allo smarrimento della sconfitta epocale che prelude a quella disaffezione e disattenzione che Giuseppe Berta ha compendiato come «opacità» della fabbrica. In riferimento all’autunno 1980, la periodizzazione proposta per la «parabola operaia» appare convincente qualora l’espressione venga intesa come parabola della produzione di immagini, o dell’immaginario collettivo, o forse ancora della classe operaia «per sé», della classe operaia che esiste in quanto esiste la coscienza di classe. Nella realtà sociale il peso della classe operaia «in sé» era ancora lungi dal rarefarsi. La parabola appare così disegnata sui contorni della capacità di mobilitazione operaia più che sui profili strutturali. Meno capaci di produrre, esprimere e diffondere le proprie immagini, i lavoratori industriali sono stati ridotti all’opacità dal cambiamento del centro di interesse degli intellettuali e dell’industria culturale, non senza effetti negativi sulla capacità di cogliere e regolare i tratti successivi del cambiamento e delle forme di interazione sociale.

Stefano Musso