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Andrea Spiri (a cura di) – Bettino Craxi, il riformismo e la sinistra italiana – 2010

Andrea Spiri (a cura di)
Venezia, Marsilio, 219 pp., Euro 20,00

Anno di pubblicazione: 2010

Dopo il volume Bettino Craxi, il socialismo europeo e il sistema internazionale (Venezia, Marsilio, 2006), Andrea Spiri ha curato un altro libro, dedicato questa volta alle tappe che portarono il politico milanese ad affermarsi come segretario del Psi e poi come presidente del Consiglio. Pur essendo stato pubblicato con la collaborazione della Fondazione Craxi non si tratta, nella maggior parte dei saggi in esso contenuti (tra gli altri, Cafagna e Pellicani sul revisionismo di Craxi, Covatta sulla conferenza di Rimini, Rolando sulla comunicazione del Psi craxiano, Cazzola sui rapporti con il sindacato, Forte sulla politica economica, Tognoli su Craxi e Milano), di un lavoro esclusivamente agiografico. Certo, emergono i motivi del suo successo (il desiderio di autonomia di iscritti e dirigenti socialisti, la capacità di interpretare la domanda di modernità e di governo di alcuni settori della società italiana), a cui dedica particolare attenzione il documentato contributo del curatore («Primum vivere, deinde philosophari»: il Psi e la leadership di Craxi dal Midas a Palermo, 1976-1981, pp. 87-118). Ma vengono anche messe in luce le difficoltà incontrate da Craxi nel suo percorso politico (L’impossibilità del riformismo in Italia, su cui si concentra Roberto Chiarini), e i motivi che lo portarono alla sconfitta («la frammentazione antagonista dei modernizzatori e la debolezza strutturale del Psi», p. 38 del saggio di Antonio Pilati, dedicato alla società italiana nel passaggio dagli anni ’70 agli ’80). In particolare, Gaetano Quagliariello (Il sistema politico italiano degli anni Ottanta, pp. 39-49) ne individua le cause nell’erosione di lungo periodo, endogena ed esogena, del sistema dei partiti e nella perdita del loro ruolo di strumenti di socializzazione (un vuoto non sostituibile dalla personalizzazione del Partito nella figura del capo carismatico). Su questo sfondo (associato alla fine della guerra fredda e all’esplosione del fenomeno leghista e della stagione di Tangentopoli) si infrange il progetto craxiano di riforma del sistema. Resta, infine, la questione del rapporto tra Craxi e il Pci, indagato, dal punto di vista del segretario socialista, da Marco Gervasoni (L’impossibile intesa: Craxi, Berlinguer e il Pci, pp. 119-139), che, pur non credendo alla possibilità di un’ipotesi mitterandiana, riconosce che il duello a sinistra «oltre a incidere negativamente sul rinnovamento del Pci, con effetti di stallo sul governo del Paese, lasciò la sinistra politica in uno stato di macerie da cui ancora oggi fatica a sollevarsi» (p. 120). Da questo punto di vista, il «caso Moro» rappresentò una svolta, convincendo Craxi della debolezza comunista, non solo per i suoi rapporti con il blocco sovietico, e della possibilità di governare anche senza il Pci.

Giovanni Scirocco