Cerca

Angelo Del Boca e Nicola Labanca (a cura di) – L’impero africano del fascismo nelle fotografie dell’Istituto Luce – 2002

Angelo Del Boca e Nicola Labanca (a cura di)
Roma, Editori Riuniti, pp. 280, euro 16,50

Anno di pubblicazione: 2002

Come scrive Del Boca nell’Introduzione, il volume presenta 250 fotografie, ?tutte di soggetto africano, scattate tra il 1927 e il 1943 [?], scelte fra le centinaia di migliaia che costituiscono l’archivio dell’Istituto Luce? (p. 12).
La riproduzione delle immagini è organizzata in sette capitoli tematici: Luce sull’Africa, Al seguito delle autorità, Vita quotidiana d’oltremare, Guerra all’Etiopia, La mobilitazione del fronte interno, Lavorare in colonia, La sconfitta militare e la fine dell’impero coloniale. Ciascuno è preceduto da sintetiche annotazioni che contestualizzano e problematizzano l’operato e ?lo ‘sguardo’ coloniale del Luce (se poi ve ne fu davvero uno unico per tutti gli operatori)? (p. 25), sottolineando in particolare ciò che ?non vide o non fece vedere? (p. 23). Se è infatti copiosa la produzione mirata a celebrare gli uomini del regime, le vittorie belliche, la colonizzazione demografica e le opere urbanistiche, nell’archivio non resta traccia dei crimini, delle stragi. ?A documentare queste infamie hanno del resto largamente provveduto gli obiettivi dei privati? (p. 12), ma forse anche qualche fotografo del Luce le immortalò con qualche scatto, poi però accantonato o distrutto dalla censura.
Scarsa e discontinua anche la raffigurazione della vita quotidiana in colonia, soprattutto dei contatti con la società indigena, ancor più dopo le leggi razziali del 1937. Ridotta anche la mole di fotografie-cartolina, di scatti ?esotici?, evidentemente con l’intento di ?rappresentare una colonia sempre meno (o addirittura non più) esotica perché ormai normalizzata, integrata, ‘italianizzata’? (pp. 81-2).
?Tutta questa censura non stupisce gli studiosi? (p. 25), viste le finalità propagandistiche del Luce. Tuttavia, secondo Labanca, ciò rappresenta un serio impedimento all’utilizzazione dell’archivio come base per una “storia fotografica”, se s’intende con ciò la ?ricostruzione di un universo iconografico totale di una società ad un dato momento storico [?]? (pp. 26-7). Anche perciò, questo volume non vuole né può essere una “storia fotografica del colonialismo fascista” (p. 26). Ma Labanca esprime anche dubbi più generali ?sulla possibilità di costruire ‘storie’ [?] solo con immagini strappate dai loro contesti di produzione, diffusione e conservazione, giustapposte l’una all’altra?. Si chiede cioè se sia metodologicamente fondata una narrazione storica ?per immagini sul tipo di quelle tradizionalmente permesse dal ricorso a fonti scritte anche tramite l’accostamento e la scelta di citazioni da fonti diverse? (p. 27).
I rischi insiti nell’utilizzazione delle immagini come fonti autonome sono innegabili ed è perciò condivisibile l’auspicio di uno studio approfondito che analizzi il rapporto fra fotografia, propaganda e consenso. Se ciò non poteva trovare spazio in questo volume, si poteva tuttavia compiere uno sforzo per un maggiore dialogo, anche in termini grafici, fra immagini e scrittura, per invogliare il lettore ad interpretare le fotografie attraverso i commenti e viceversa. Per evitare che le due parti del testo risultassero pressoché autonome, con una presentazione divulgativa delle immagini del Luce da una parte, e un contributo d’inquadramento storico e storiografico dall’altra.

Giulietta Stefani