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Angelo D’Orsi – Allievi e Maestri. L’Università di Torino nell’Otto-Novecento – 2002

Angelo D’Orsi
Torino, Celid, pp. 275, euro 23,00

Anno di pubblicazione: 2002

Sei saggi, altrettanti profili di professori e studenti, più uno, corposo, introduttivo, a fare da cornice. La storia dell’Università di Torino nell’800 post-unitario. Una vicenda che si prolunga fino all’ieri. Lungo la linea di una funzione civile del dotto che si trasmette di maestro in allievo, nel duplice segno del rigore degli studi e del dialogo con la città. Insieme una raccolta di sondaggi di storia degli intellettuali e il tentativo di disegnare il profilo di un’istituzione attraverso il quale leggere, per contrasto, i problemi dell’oggi. Il quadro, allora, un po’nostalgico e celebrativo, di fronte al quale viene spontaneo domandarsi chi, e perché, ha perso l’università italiana. Una storia degli intellettuali, e di quella specie particolare che sono i professori universitari, meriterebbe forse uno sguardo più attento alle forme della costruzione delle carriere. Alle strategie dei singoli, agli esili più o meno volontari (molto meno che più nel caso della veneranda università italiana); ai luoghi e alle occasioni dello scambio tra progetto scientifico e affiliazione politico-accademica. Una maniera, se si vuole, per rendere omaggio a uomini abituati a concepire il proprio ufficio come funzione del governo e il cui magistero si è esercitato tradizionalmente in prossimità del potere. Luogo per eccellenza di reclutamento del personale politico e ministeriale dell’Italia unita, l’Università ha storicamente intrattenuto un rapporto significativo con la politica, in età liberale come durante il fascismo, nell’Italia democratica. Ha preservato, e coltivato, spazi di contrattazione. In una continuità tra esercizio del potere accademico e rappresentanza politica degli interessi corporativi che costituisce forse il tratto originale della sua storia. Di questa vicenda, D’Orsi privilegia il versante dell’opposizione civile e intellettuale. Gli altri, quelli più implicati, restano sullo sfondo. Durante il fascismo. Figure sbiadite perché non riducibili allo schema etico-politico della funzione civile dell’insegnamento universitario. Persistendo così dentro i modi di un’ autorappresentazione di ceto cui l’autore sembra d’altra parte molto affezionato. E che dà a questa raccolta un tono un po’ sussiegoso che dispiace. Ancora sul fascismo. D’Orsi come è noto si sottrae al moralismo della falsa alternativa tra intransigenza e compromissione. E offre una ricostruzione efficace dei percorsi accidentati e incerti, qualche volta casuali, che conducono molti dei suoi protagonisti dal fascismo all’antifascismo. Naturalmente gli antifascisti militanti ci sono e, dall’altra parte, l’autore non nasconde gli aspetti ?squallidi? di uomini pure di grande levatura intellettuale e civile. Come Gioele Solari, forse il vero protagonista di questo libro, che non esita a dire di un suo collega, e concorrente, che era la ?quintessenza dello spirito ebraico, anche nell’aspetto?. D’Orsi scompone l’immagine celebrativa dell’antifascismo per mezzo della biografia. Ogni vicenda, le ragioni del servizio e della carriera, le storie famigliari forniscono una chiave di accesso specifica ad una comprensione storica dei rapporti tra fascismo e cultura che se supera le reciproche esclusioni di crociana memoria, revoca in dubbio altrettanto ideologiche adeguazioni. Che è tutto sommato acquisto di buon senso.

Adolfo Scotto di Luzio