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Angelo Guerraggio, Pietro Nastasi – L’Italia degli scienziati. 150 anni di storia nazionale – 2010

Angelo Guerraggio, Pietro Nastasi
Milano, Bruno Mondadori, 325 pp., Euro 22,00

Anno di pubblicazione: 2010

È un libro utile e piacevole quello scritto da Angelo Guerraggio e Pietro Nastasi, nella considerazione che gli studi sul centocinquantenario «riservano in generale alla scienza un’attenzione limitata» (p. 1). È piacevole perché scritto per farsi comprendere da tutti. È utile perché ripercorre quella che è stata la vicenda della scienza italiana, con un occhio di riguardo per i rapporti con le istituzioni nazionali.Si comincia con gli scienziati che parteciparono al Risorgimento e che dopo l’Unità furono disponibili a lavorare per la costruzione di un nuovo sistema formativo. Poi è la volta della Terza Roma di Sella, con l’Accademia dei Lincei e il varo di una Università che doveva diventare la prima d’Italia. Un capitolo è dedicato agli inventori tra ‘800 e ‘900, un altro al Circolo matematico di Palermo: esperienze che dimostrano come alla perifericità non sempre corrispondessero inerzia e isolamento. Viene ricostruita la vita di Golgi, primo Nobel italiano per le discipline scientifiche. Entra poi in scena, nella cornice della nuova Italia lanciata sulla via dell’industrializzazione, la Società italiana per il progresso delle scienze creata da Volterra anche per far «conoscere al grande pubblico il mondo scientifico, le sue discussioni, e lo “spettacolo di quanto vive e palpita al suo interno”» (p. 97). Con lo scoppio della Grande guerra, gli scienziati si divisero e parecchi partirono per il fronte. Ma filiazione diretta di quella mobilitazione doveva essere la nascita del Cnr. In quegli anni dominava la figura di Marconi, geniale inventore e «ambasciatore» dell’Italia con simpatie per il nazionalismo e il fascismo. Cominciano da questo punto delle vicende più oscure, che gli aa. trattano con chiarezza e precisione: l’incomprensione dimostrata dal regime nei confronti della scienza pura, ma anche l’imposizione del giuramento e, soprattutto, le leggi razziali: «[…] gli scienziati italiani, se non accettano di far proprie le insostenibili caratterizzazioni di una scienza ebraica, offrono poi una generosa collaborazione nell’opera di “bonifica” volta a differenziare la cultura nazionale dalle contaminazioni ebraiche» (p. 235). Poi, in età repubblicana, spiccano le travagliate vicende degli istituti e dei centri nati per spingere sull’acceleratore della modernizzazione: l’Istituto superiore di sanità, lo sfortunato Cnen di Ippolito e l’Istituto di matematica applicata. Quanto all’informatica, la questione della fabbricazione dei calcolatori dimostrò una volta di più l’assenza di politiche autonome su scala nazionale. Per contrappunto, gli aa. espongono delle brevi biografie di tutti i premi Nobel.Guerraggio e Nastasi raccontano delle «storie» senza evitare di dare giudizi o di tracciare bilanci. Ne esce un quadro in chiaroscuro: gli scienziati hanno fatto parte della scena pubblica italiana, talvolta con grandi intuizioni anche a livello organizzativo, ma molte volte la loro intraprendenza ha cozzato proprio contro le politiche statali, mentre la comunicazione verso la società civile ha più d’una volta dimostrato le sue carenze. In conclusione, si tratta sicuramente un titolo di rilievo nel panorama degli studi sui centocinquant’anni di vita unitaria.

Maria Pia Casalena