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Anna Foa – Diaspora. Storia degli ebrei nel Novecento – 2009

Anna Foa
Roma-Bari, Laterza, X-304 pp., Euro 19,00

Anno di pubblicazione: 2009

Questo libro prosegue, idealmente, il percorso tracciato dal primo, fortunato, volume sulla storia degli ebrei d’Europa – Gli ebrei in Europa dalla peste nera all’emancipazione – pubblicato nel ’92. All’inizio degli anni ’90 la storia della cultura ebraica era, in Italia, un argomento poco frequentato dalla ricerca accademica e il libro di Anna Foa rappresentò – per una vasta platea di lettori – un’importante chiave di accesso per la conoscenza e lo studio della complessa e multiforme realtà dell’ebraismo diasporico. Nell’ultimo quindicennio, l’interesse editoriale e scientifico per la cultura ebraica è cresciuto enormemente. Anche l’Italia è stata contagiata, sia pure tardivamente, da questo trend e le ricerche sulla storia degli ebrei d’Italia e la Shoah si sono moltiplicate a ritmi sostenuti. Non si è consolidata, tuttavia, un’area disciplinare specifica, omologabile ai Jewish studies dei paesi d’oltralpe, e lo studio dell’ebraismo diasporico è dominato dagli studi sulle persecuzioni e la Shoah, lasciando in ombra, salvo rare eccezioni, il processo d’emancipazione della minoranza ebraica e le modalità del suo ingresso nella modernità. In controtendenza con gli studi italiani, il libro di Foa discute, sullo sfondo dei grandi mutamenti che solcarono lo scenario internazionale, il tema della modernità ebraica nel suo rapporto col mondo «esterno». Il tema è affrontato da una prospettiva inedita e spiazzante per il lettore italiano, puntando l’obiettivo sugli ebrei dell’Europa orientale, portatori di un nuovo messaggio nazionale (il sionismo) e, al tempo stesso, di un profondo richiamo alle radici spitituali, e metatemporali, della cultura ebraica. Il libro si apre con l’emigrazione degli ebrei russi e polacchi verso l’America, per ripercorrere le tappe di un viaggio che, attraverso il confronto con la società e la cultura non ebraica, e il desiderio di una piena legittimazione sociale e politica, porterà gli ebrei, nell’epoca dei nazionalismi (e dei razzismi), alla maturazione di un nuovo sentimento di appartenenza – il sionismo – che cambierà il loro rapporto con le categorie di spazio e di tempo. Saranno infine il trauma dello sterminio, lo sviluppo delle comunità ebraiche d’America e l’affermarsi dello Stato d’Israele come nuovo referente identitario (specialmente dopo la svolta «nazionalista» seguita alla guerra del Kippur) a segnare il declino della diaspora europea. La qualità del libro risiede nel dono felice della sintesi, nella capacità di restituire, al lettore, la ricchezza e la complessità del mondo culturale ebraico nella sua dimensione sopranazionale, segnalando parimenti il rischio – in Occidente – di un «imbalsamazione» della memoria e dell’identità ebraica. Il limite del libro è intrinseco a questa visione. La scelta di costruire un racconto di grande respiro ha ridotto, forzatamente, lo spazio della riflessione sul passaggio otto-novecentesco (e sulla dimensione antropologica del nazionalismo), sull’elaborazione di una cultura tanto ibrida quanto specifica che ha forgiato, nel tempo, l’identità «debole», ma tenace, dell’ebraismo occidentale, irriducibile a un ebraismo «virtuale» e disincarnato.

Barbara Armani