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Anna Tonelli – Stato spettacolo. Pubblico e privato dagli anni ’80 a oggi – 2010

Anna Tonelli
Milano, Bruno Mondadori, 183 pp., € 18,00

Anno di pubblicazione: 2010

Il volume di Anna Tonelli, ripercorrendo in estrema sintesi la storia del nostro paese negli ultimi trent’anni, si propone di ricostruire il processo di progressiva «spettacolarizzazione» che ha interessato, oltre alla comunicazione politica, il vissuto individuale e collettivo, e ha tra l’altro esercitato i suoi effetti sul costume, sulle mentalità, sulle convinzioni etiche, sui modelli culturali; lo «Stato spettacolo» che si è così configurato – questa è la tesi – ha plasmato comportamenti, stili e valori, sancendo la supremazia del «privato» e assecondandone l’osmosi con la sfera pubblica.L’a. prende le mosse dagli anni ’80, acquisiti, in linea con altri recenti contributi storiografici, come spartiacque decisivo. È la nascita di una inedita – per proporzioni, disponibilità, propensioni – comunità di consumatori a sollecitare l’affermazione di fenomeni destinati a trasformare l’identità della società italiana: dal desiderio dell’arricchimento e del successo personale a un esasperato individualismo, dal culto del corpo all’esigenza di evasione, dall’assillo dell’esibizione al qualunquismo; la moltiplicazione degli strumenti che rispondono al desiderio di partecipazione – radio e televisioni in prima fila – amplifica i segni della transizione in corso, caratterizzata dall’irruzione del «personale», dal protagonismo dei sentimenti, dall’enfasi sulla quotidianità. Le conseguenze provocate dal crollo delle ideologie e dalla crisi del sistema con cui si apre il decennio successivo non faranno che sviluppare queste premesse, complici le crescenti opportunità offerte dalla tecnologia. Le tendenze in atto investono i partiti, le culture politiche, i modi e le pratiche dell’aggregazione, le espressioni della militanza, i principi dell’appartenenza, i linguaggi della propaganda, le strategie comunicative, a cui lo studio dedica precipua attenzione. Gli esiti sono sotto gli occhi di tutti: la personalizzazione del leader, la persistente esposizione sulla «piazza» televisiva, l’accento sulle liturgie e sul marketing elettorale più che sui programmi, sulla efficacia della rappresentazione più che sulla sostanza dei risultati, sulle lusinghe più che sulle proposte concrete. Il «berlusconismo» ne emerge, ovviamente, come emblema e paradigma: dimostratosi in grado di fondare un «senso comune» che ha fatto radici, potrebbe sopravvivere al suo fondatore. Il volume si chiude con uno sguardo veloce sull’oggi, accennando anche ad alcune cruciali questioni attualmente sul tappeto, tutte riconducibili alla centralità che la dimensione privata ha assunto, fino ad imporsi all’attenzione dell’agenda politica: il riconoscimento delle unioni civili, la revisione della 194, il testamento biologico.Al di là del dubbio che l’a. pone nell’incipit al suo libro, citando Tullio De Mauro – «Dobbiamo esserne orgogliosi?» (p. 1) -, gli interrogativi e i motivi di riflessione che scaturiscono dalla lettura di questa ricerca sono più accattivanti ancora delle sue condivisibili argomentazioni. Segno dell’interesse di un tema che il presente pone con eclatante urgenza e che meriterà di essere ulteriormente indagato.

Irene Piazzoni