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Antiquités archeologies et construction nationale au XIX siècle – 2002

Mélanges de l’École Francaise de Rome, tome 113/2, Rome, École Française de Rome

Anno di pubblicazione: 2002

Il volume raccoglie i risultati di due giornate di studio organizzate dall’École Française de Rome e dedicate ai rapporti tra patrimonio archeologico e nazionalizzazione culturale. Se sulla nascita e lo sviluppo ottocentesco delle discipline e delle pratiche archeologiche gli antichisti italiani hanno già prodotto studi anche importanti, in questo caso l’originalità dell’iniziativa consiste nell’affiancare e nell’intrecciare agli interventi di questi ultimi quelli di un gruppo di ottocentisti che, come mette in evidenza sapientemente Catherine Brice nel suo saggio introduttivo, contribuiscono a ?situare? il particolare interesse accordato in Italia alle antichità all’interno del processo di costruzione della nazione, dei suoi limiti e delle sue ambiguità. Il quadro, ricco di diciannove saggi di cui dispiace non poter rendere conto qui in modo più puntuale, mostra molte angolature del problema: si va da interventi incentrati sulle pratiche professionali e sul crescente influsso tedesco in esse percepibile, a contributi relativi ai graduali e non sempre coerenti sviluppi legislativi della pratica di tutela; da analisi di casi regionali alla presentazione di singoli casi museali particolarmente significativi (si vedano il saggio di Andrea Milanese sul Reale Museo borbonico o quello di Filippo Delpino sui nuovi paradigmi museali espressi nel 1889 dal Museo di Villa Giulia), per arrivare fino ad un utile esame delle fonti utilizzabili per la ricerca su questo tema. Ne emerge una storia complessa, di cui probabilmente un approccio comparato rileverebbe le forti specificità nazionali, che è quella della patrimonializzazione delle antichità nelle sue componenti normative, realizzative e identitarie, e naturalmente nelle sue oscillazioni e nei suoi intrecci tra stato e località. Con l’unificazione vengono infatti al pettine molti diversi problemi relativi al ritrovamento, alla tutela e alla conservazione dei beni archeologici: in primo luogo si conferma il progressivo distacco dell’idea di patrimonio storico-artistico dalla figura del sovrano (non senza persistenti ambiguità se si pensa alla vicenda della spoliazione di alcuni patrimoni artistici locali da parte di Casa Savoia nei primi anni Sessanta); in questa direzione viene elaborato un corpus legislativo che sancisce l’affermazione della proprietà demaniale sui reperti archeologici (anche se non pare cessare la pratica degli scavi clandestini e del traffico illecito dei reperti). Infine si procede alla creazione di numerosi nuovi musei. Emerge anche in questa vicenda una peculiare compresenza tra l’assunzione di iniziativa da parte dello Stato, all’interno di una vera e propria politica dell’antichità perseguita con decisione soprattutto da alcuni esponenti di governo come Ruggero Bonghi, e la persistenza e il rafforzamento dell’azione a scala locale. E’ una dialettica che può assumere toni apertamente conflittuali, come mostra Denis Bocquet analizzando il caso particolare di Roma, oppure forme di complementarietà nel rispecchiamento identitario come propone convincentemente Simona Troilo parlando del caso abruzzese.

Carlotta Sorba