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Antonella Salomoni – Il pane quotidiano. Ideologia e congiuntura nella Russia sovietica (1917-1921) – 2001

Antonella Salomoni
Bologna, il Mulino, pp. 324, euro 20,66

Anno di pubblicazione: 2001

Antonella Salomoni, una delle più competenti studiose italiane di storia russa, ci offre un libro intelligente, erudito, con cui va di discutere, composto di saggi di storia delle idee scritti in più anni e la cui stratigrafia rispecchia l’evoluzione della sensibilità dell’autrice, ma riuniti in un tutto organico, e animato di vita, dalla capacità di misurarsi con alcuni dei grandi problemi legati alla rivoluzione (con la rilevante eccezione di quello nazionale).
Questi saggi formano tre gruppi di eguale rigore ma diseguale interesse per la diversità degli autori esaminati. Il primo (capitoli 1-2), dedicato alla storia della categoria ?comunismo di guerra?, ai problemi posti dall’estremizzazione dell’intervento dello Stato in economia e dalla guerra alla moneta e al mercato, ripercorre temi già noti ma lo fa in modo originale. Il secondo (capitoli 3-5), dedicato ad alcuni dirigenti bolscevichi, è forse il meno ricco, a conferma dei giudizi di Bogdanov (p. 300) sul loro scarso respiro intellettuale. Si sente qui il bisogno di un confronto più serrato con la realtà di quegli anni, ma è perversamente bella la ricostruzione dell’ignoranza dei bolscevichi in materia di teoria economica. Il terzo (capp. 6-8) raggruppa saggi di eccezionale interesse per la vitalità e la maturità delle interpretazioni della guerra-rivoluzione e della natura del nuovo regime con cui si misurano. Anche se il sesto capitolo avrebbe potuto dare più spazio alle intuizioni di Bruckus, e se nel settimo l’approccio a Sorokin, più legato a Spencer o Tocqueville che a Spengler, sembra viziato dall’?applicazione? di categorie estranee al contesto russo ed all’autore trattato, il rigore filologico dell’autrice si impone in pagine impressionanti per profondità e verità. L’ottavo capitolo, forse il più equilibrato, ci restituisce le sofisticate riflessioni di Bogdanov, dalla cui affinità con quelle di Sorokin non si può non restare sorpresi.
Se il rigore con cui sono affrontati gli autori trattati è ammirevole, meno convincente è lo schema ?ideologia verso congiuntura? che l’autrice propone come chiave di lettura capace di riunire le interpretazioni del 1918-21. Come Sorokin o Bogdanov, ma anche lo Jaroslavskij di p. 39, testimoniano, molti trascesero presto il suo semplicistico dualismo, semmai applicabile alla parte più debole della storiografia anglossassone.
Poco convincente è poi l’uso di espressioni come ?movimento operaio russo? per il bolscevismo degli anni venti (p. 29), di ?stato operaio? (pp. 34 e passim) per lo stato sovietico, di ?progettualità comunista? e ?iniziativa operaia? (p. 152) per la guerra civile, con la sua cruda realtà fatta di frustate ai contadini e di disperazione operaia di fronte ad uno Stato da cui si era schiacciati. E se è vero che nel 1919 il mercato nero nutriva la popolazione urbana per il 70-80%, perché parlare di gente ?liberata? dal mercato e messa alle dipendenze del solo apparato statale ? comunista? ? nel 1920? Torniamo qui al bisogno del confronto con una realtà che oggi ricerche come quelle di Julie Hessler ci aiutano a ricostruire.

Andrea Graziosi