Cerca

Antonio Chiavistelli – Dallo Stato alla nazione. Costituzione e sfera pubblica in Toscana dal 1814 al 1849 – 2006

Antonio Chiavistelli
Roma, Carocci, 368 pp., euro 26,10

Anno di pubblicazione: 2006

Il volume, focalizzato sulle vicende amministrative e politiche toscane dalla Restaurazione all’indomani della rivoluzione quarantottesca, si articola, attingendo a un vasto corpus di fonti archivistiche e a stampa, su un triplice campo di analisi: la ricostruzione dei profili istituzionali del Granducato di Toscana e la configurazione della sua classe dirigente nel decisivo tornante della prima metà dell’Ottocento; la formazione di un’opinione pubblica regionale e la diffusione di modelli politici alternativi all’assetto statuale della Restaurazione; la dinamica politicocostituzionale del biennio 1848-1849. L’autore, già allievo del dottorato di Storia costituzionale e amministrativa dell’età contemporanea dell’Università di Pavia e attualmente assegnista di ricerca presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Firenze, dove collabora altresì con la cattedra di Storia delle istituzioni politiche tenuta da Luca Mannori, dedica larga parte della sua ricerca alla confutazione della tesi illustrata dallo studioso tedesco Thomas Kroll nel suo libro del 1999 sul liberalismo aristocratico toscano ? tradotto in italiano di recente (La rivolta del patriziato. Il liberalismo della nobiltà nella Toscana del Risorgimento, Firenze, L.S. Olschki, 2005) ? secondo cui a condurre la rivoluzione costituzionale e poi nazional-patriottica nel Granducato di Toscana sarebbe stato un gruppo di patrizi dallo straordinario potere economico-sociale che, declinando ? secondo l’ipotesi interpretativa di Marco Meriggi ? la libertà in senso corporato- cetuale e non individualistico-liberale, ha trovato nelle nuove idee progressiste della prima metà dell’Ottocento uno strumento per ribadire la propria centralità politica messa in discussione dallo sviluppo dello Stato amministrativo post-napoleonico. Chiavistelli segue una duplice pista, sia quella che concerne la dimensione istituzionale e amministrativa, sia quella «relativa alla sfera pubblica e connessa allo strutturarsi di una sorta di capitalismo a stampa» (p. 353), per mostrare in primo luogo come il conflitto in atto fra il Principato granducale e le comunità coinvolga l’intera società civile e non soltanto un suo segmento seppure ricco e dotato di un vasto capitale economico, sociale e culturale; in secondo luogo come questo scontro sia originato non tanto da un «eccesso di Stato», laddove il modello perseguito permane quello dello Statofamiglia e dell’«amministrazione sentimentale», in particolare dopo l’ascesa al trono di Leopoldo II, quanto da un «bisogno di appartenenza», non necessariamente ed esclusivamente nazional- patriottico, alternativo a quello burocratico offerto dalle istituzioni granducali, e avvertito come sempre più forte a partire dagli eventi europei del 1830. In breve, secondo l’interpretazione dell’autore, che ripropone in forme più sofisticate un’ipotesi classica della storiografia risorgimentista liberale, la rivoluzione del 1848-1849 è il prodotto del corto-circuito fra un modello di Stato «senza costituzione» e «senza pubblico» proposto dal regime restaurato e le aspettative crescenti di rinnovamento e di riforma di una società civile che costruisce progressivamente una sfera pubblica e politica autonoma.

Gian Luca Fruci